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Altri siti archeologici in Provincia de L'Aquila - Info Point Regione Abruzzo

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Altri siti archeologici in Provincia de L'Aquila

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Altri siti archeologici in Provincia de L'Aquila - Abruzzo

L'Abruzzo è una regione che custodisce un patrimonio culturale di straordinaria ricchezza, frutto di una storia millenaria e di una profonda connessione con le proprie tradizioni. Il paesaggio naturale, con le sue montagne, colline e coste, ha ispirato nei secoli una cultura radicata nel rispetto dell'ambiente e della vita comunitaria. Le tradizioni locali, legate ai cicli della natura, si manifestano in feste, celebrazioni religiose e pratiche agricole che preservano antichi saperi e rafforzano l'identità collettiva. La cultura abruzzese si esprime attraverso una varietà di forme artistiche, dalla musica popolare ai canti corali, dalla ceramica artigianale alla tessitura. Le tradizioni orali, tramandate di generazione in generazione, costituiscono una memoria viva che racconta storie di vita contadina, leggende e credenze antiche. La lingua stessa, con i suoi dialetti variegati, testimonia la diversità culturale delle diverse aree della regione. Le antiche tecniche di lavorazione artigianale, come la produzione di merletti, la lavorazione del ferro battuto e della pietra, sono ancora oggi praticate con dedizione, contribuendo a preservare saperi secolari. L'artigianato locale rappresenta non solo una fonte di reddito per molte comunità, ma anche un simbolo di appartenenza e di continuità con il passato. Ogni oggetto creato a mano racchiude un pezzo di storia e un'identità collettiva che si rinnova nel tempo. Il valore culturale dell'Abruzzo si riflette anche nella gastronomia, che coniuga semplicità e autenticità. I piatti tipici, preparati con ingredienti locali, raccontano il legame profondo tra la terra e la sua gente. Le ricette tramandate dalle famiglie custodiscono segreti antichi, rievocando i sapori di un tempo e offrendo un'esperienza sensoriale che va oltre il semplice nutrimento. La cucina diventa così una forma di narrazione, capace di unire generazioni e di celebrare la cultura abruzzese.La provincia dell'Aquila, situata nel cuore dell'Abruzzo, è un territorio ricco di storia e di siti archeologici che testimoniano la presenza di antiche civiltà. Questo patrimonio, disseminato tra montagne e valli, offre un viaggio nel tempo attraverso resti di epoche italiche, romane e medievali. Ogni sito racconta la vita e le tradizioni dei popoli che hanno abitato queste terre, lasciando preziose tracce del loro passato. Tra i siti più significativi si trova Alba Fucens, una colonia romana fondata nel III secolo a.C. ai piedi del Monte Velino. Qui sono visibili i resti di una città con un foro, un anfiteatro e antiche mura ciclopiche. La posizione strategica e la ricchezza delle strutture rendono Alba Fucens uno dei principali esempi di insediamenti romani in Abruzzo. Di grande rilievo è anche la Necropoli di Fossa, risalente all'età del ferro, uno dei più importanti complessi funerari della regione. Le tombe a tumulo e i reperti rinvenuti offrono uno spaccato sulla cultura e sui riti delle popolazioni italiche pre-romane, con oggetti che testimoniano la vita quotidiana e le credenze religiose. L'antica città di Amiternum, nei pressi dell'Aquila, conserva resti di un teatro romano e di un anfiteatro, a dimostrazione dell'importanza di questo centro nell'epoca imperiale. Amiternum era un nodo cruciale lungo le vie di comunicazione tra Roma e l'Adriatico, come confermano i numerosi reperti conservati nei musei locali. Infine, il sito di Peltuinum, nei pressi di Prata d'Ansidonia, rappresenta un altro esempio di insediamento romano con resti di mura, templi e un teatro. La sua posizione panoramica offre una vista suggestiva sulla valle dell'Aterno, rendendo la visita non solo un'esperienza storica, ma anche naturalistica. I siti archeologici della provincia dell'Aquila costituiscono un patrimonio di inestimabile valore, custodi di una storia millenaria che continua ad affascinare studiosi e visitatori.
Sito archeologico di Antinum a Civita d'Antino (Aq)
Antinum, conosciuta anche come Antino, era un'antica città dell'Italia centrale, situata nella valle Roveto, in provincia dell'Aquila. Questo importante centro del popolo dei Marsi si trovava nei pressi del confine con il territorio dei Volsci. La località corrisponde all'odierna Civita d'Antino, conservando un'eredità storica che affonda le radici nel I millennio a.C. Fin dall'antichità, Antinum rivestì un ruolo di rilievo nella vita sociale e politica dei Marsi, mantenendo la sua importanza fino all'assoggettamento a Roma nel tardo IV secolo a.C. Successivamente divenne un municipio romano, i cui abitanti erano conosciuti con il demònimo di Marsi Antinates. Nel corso dei secoli, la città continuò a svilupparsi, attraversando varie fasi di trasformazione. In epoca medievale, l'antica acropoli si trasformò in una cittadella, con il centro urbano articolato intorno alla torre dei Colonna, ancora oggi visibile nel cuore di Civita d'Antino. Alcuni resti delle mura poligonali, risalenti alla prima metà del V secolo a.C., testimoniano la maestria architettonica dell'epoca, estendendosi per circa 1.300 metri lungo tre lati della cittadella, mentre il lato orientale era naturalmente difeso da scoscese pareti rocciose. Nel centro abitato sorgeva il foro, ormai scomparso, mentre due muri in opus reticulatum di epoca tardo-repubblicana, noti come "Terme", sono ancora visibili e rappresentano un'importante testimonianza della continuità storica del sito.
Necropoli di Capestrano (Aq)
La Necropoli di Capestrano, situata nella provincia dell’Aquila, rappresenta uno dei siti archeologici più rilevanti dell’Abruzzo. Risalente all’età del ferro, il sito è celebre per il ritrovamento del Guerriero di Capestrano, una statua monumentale in pietra che raffigura un antico principe vestito con abiti da guerra. Questo reperto, scoperto nel 1934, ha fornito preziose informazioni sulla cultura e sulle usanze delle antiche popolazioni italiche che abitavano la regione. Gli scavi archeologici hanno portato alla luce numerose sepolture, caratterizzate da corredi funerari composti da armi, vasellame e ornamenti personali, testimonianza della ricchezza e del rango sociale dei defunti. La disposizione delle tombe e la varietà degli oggetti rinvenuti suggeriscono l’esistenza di una comunità ben organizzata con precise gerarchie sociali. Il sito ha permesso di ricostruire aspetti fondamentali della vita quotidiana, delle pratiche funerarie e delle credenze religiose di queste popolazioni. La Necropoli di Capestrano rappresenta oggi una tappa imprescindibile per chi desidera approfondire la storia antica dell’Abruzzo. Il sito è parte di un itinerario culturale che valorizza il patrimonio archeologico della regione, offrendo ai visitatori la possibilità di ammirare reperti straordinari e di comprendere meglio il passato delle genti italiche. Le ricerche e gli studi ancora in corso contribuiscono a rivelare nuovi dettagli su una civiltà che ha lasciato un’impronta indelebile nella storia del territorio.
Sito archeologico di Aufidena a Castel di Sangro e Alfedena (Aq)
Il sito archeologico di Aufidena, situato presso l'attuale Castel di Sangro, rappresenta uno dei più significativi centri dell'antico Sannio, successivamente divenuto municipio romano. La città è menzionata dallo storico Tito Livio, il quale narra della sua conquista da parte dei Romani nel 298 a.C., durante la terza guerra sannitica, per opera del console Gneo Fulvio Massimo Centumalo. Con la romanizzazione, Aufidena acquisì lo status di municipio nella seconda metà del I secolo a.C., con i suoi cittadini iscritti nella tribù Voltinia, e fu inclusa nella "regio IV Sabina et Samnium", come attestato anche dall'epigrafe del decurione Pomponio Severo. L'identificazione di Aufidena è stata oggetto di lunghe discussioni. Nei secoli XVII e XVIII si riteneva erroneamente che corrispondesse a Offida, nella valle del Tronto, a causa di un'interpretazione imprecisa di un passo del geografo Tolomeo, che la attribuiva ai Sanniti Carricini (detti anche Caraceni). Tuttavia, Plinio il Vecchio la collocava correttamente tra i Sanniti Pentri, indicazione confermata dai ritrovamenti epigrafici. Solo dalla fine del XIX secolo, grazie agli scavi condotti da Antonio De Nino e Lucio Mariani, i resti presso Castel di Sangro sono stati identificati con maggiore certezza come quelli dell'antica Aufidena. L'insediamento sannitico si configurava come un complesso di oppida, fortificazioni distribuite lungo l'alta valle del Sangro, con la funzione di rifugio per la popolazione in caso di pericolo. Nel corso del tempo, questi oppida si riunirono attorno a un insediamento principale, che assunse progressivamente carattere urbano in epoca romana. Gli scavi archeologici ripresi dagli anni Settanta del Novecento hanno portato alla luce importanti strutture e reperti, testimoniando l'evoluzione del centro da roccaforte sannitica a municipium romano, con una vivace vita amministrativa e culturale.
Sito archeologico di Aufinum a Capestrano (Aq)
Il sito archeologico di Aufinum, antica città dei Vestini, si trova nei pressi di Capestrano, in un'area celebre per il ritrovamento del Guerriero di Capestrano, una delle più importanti testimonianze della civiltà italica. La città è menzionata da Plinio il Vecchio, che annovera gli Aufinati Cismontani tra le comunità vestine, sebbene il legame con i Peltuinui non sia del tutto chiaro, lasciando aperto il dibattito se Aufinum fosse un municipio autonomo o una località associata. Il toponimo moderno di Ofena richiama il nome dell'antica città, nonostante la distanza geografica, mentre la tradizione vuole che Aufinum sia stata sede episcopale fino al VI secolo. Gli scavi archeologici hanno permesso di ricostruire l'importanza del sito, con le prime ricerche risalenti al 1934, condotte da Giuseppe Moretti. In quell'occasione furono rinvenuti il celebre Guerriero di Capestrano, la statua funeraria della Dama di Capestrano e circa trenta tombe databili tra il V e il IV secolo a.C. Le indagini successive, guidate da Vincenzo d'Ercole nel 2003 e dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Abruzzo, hanno portato alla luce ulteriori sepolture e manufatti, confermando l'importanza del centro nella rete insediativa vestina. Negli ultimi decenni, le campagne di scavo hanno continuato a restituire preziosi reperti. Nel 2012, sotto la direzione di Valeria Acconcia dell'Università degli Studi "Gabriele d'Annunzio", sono state scoperte circa cinquanta sepolture databili tra il VII e il II secolo a.C. in località Fontanelle. Un'ulteriore indagine, condotta nel 2017 dalle Università di Chieti e di Oxford, ha portato alla luce manufatti del VI secolo a.C., arricchendo il quadro della vita e della cultura degli antichi Vestini in un territorio di straordinario valore storico e archeologico.
Sito archeologico di Aveia a Fossa (Aq)
Il sito archeologico di Aveia, antica città dei Vestini poi divenuta municipio romano, sorge nell'attuale conca aquilana, nei pressi del comune di Fossa. Conosciuta anche come Aveia Vestina, la città era situata nella IV regione augustea e rivestiva un ruolo di rilievo nella rete insediativà della popolazione vestina. La presenza di una vasta necropoli, con sepolture databili dal IX al I secolo a.C., testimonia la lunga continuità abitativa del sito. La prima individuazione dell'antico centro risale al 1773, ad opera del gesuita Vito Maria Giovenazzi, che ne riconobbe l'importanza storica. Le indagini archeologiche hanno riportato alla luce numerosi reperti legati ai culti e ai luoghi sacri della città. Tra i ritrovamenti più significativi figura un'iscrizione su roccia che attesta il culto di Bacco e Silvano, divinità associate alla natura e alla fertilità. Tracce di mura megalitiche sono visibili lungo via Osteria, suggerendo l'esistenza di una cinta muraria che dalla necropoli si estendeva fino al centro di Fossa, congiungendosi con la via Claudia Nova. Studi recenti hanno ipotizzato che il torrione dell'attuale castello medievale, risalendo via S. Eusanio, fosse già in epoca romana un avamposto di guardia. Un altro importante ritrovamento è l'Ara Fossae, un altare sacro dedicato al culto del Sole Invitto, rinvenuto sotto una grotta artificiale. La necropoli, situata nella piana ai piedi di Fossa, ha restituito tombe di epoche diverse, dal Neolitico all'età italica e romana, con corredi funerari oggi conservati presso il Museo Archeologico Nazionale d'Abruzzo a Chieti. Nel 1965 è stato inoltre scoperto un piccolo acquedotto, ulteriore testimonianza della complessa organizzazione urbanistica e della vita quotidiana di Aveia nel periodo romano.
Sito archeologico di Betifulo a Scanno (Aq)
 
Il sito archeologico di Betifulo, situato presso il lago di Scanno nel comune omonimo, rappresenta un antico insediamento abitato da agricoltori, pastori e guerrieri. Il centro sorgeva a metà costa del colle di Sant'Egidio, nella località Acquevive, dominando la conca sottostante. Nel V o IV secolo a.C., epoca a cui risale l'insediamento, il lago di Scanno non esisteva ancora, permettendo alla comunità di controllare dall'alto il territorio circostante, in un'area strategica per le attività economiche e di difesa. In età cristiana, il centro cambiò nome in Sant'Angelo, probabilmente a causa della presenza di una chiesa dedicata all'arcangelo Michele. L'omonimo castello, situato sul colle, conferiva il nome alla zona, oggi conosciuta come colle di Sant'Egidio per la presenza dell'eremo medievale. Secondo la tradizione, Betifulo scampò alla distruzione intorno al 217 a.C., quando un terremoto di forte magnitudo bloccò l'avanzata di Annibale dopo la vittoria nella battaglia del Trasimeno, mentre l'invasore si preparava a risalire la valle del Sagittario. Alfonso Colarossi-Mancini, nella sua opera Storia di Scanno e della Valle del Sagittario, suggerì l'identificazione di Betifulo con un sito presso Sulmona, basandosi su un'iscrizione rinvenuta presso il colle di Sant'Egidio, che menzionava Betifulo e due magistrati. Tuttavia, l'assenza di un'organizzazione urbana definita nella zona di Scanno contraddice questa ipotesi. Lo stesso autore sostiene che, con la diffusione del cristianesimo, il nome del luogo cambiò in Colle Sant'Angelo, riflettendo l'importanza del culto cristiano nella trasformazione dell'insediamento.
 
Sito archeologico di Carsioli a Oricola (Aq)
 
Il sito archeologico di Carsioli, antica città fondata come colonia romana nel 304 a.C., sorge nel territorio degli Equicoli, nei pressi della frazione di Civita nel comune di Oricola, vicino alla cittadina contemporanea di Carsoli. La città si trovava lungo il confine tra la Marsica e l'alta valle dell'Aniene, in un'area strategica tra l'Abruzzo e il Lazio. Carsioli era un importante avamposto romano, istituito per consolidare il controllo sui territori appena sottratti agli Equicoli e ai Marsi, popolazioni italiche che abitavano queste zone. La fondazione della colonia avvenne nel contesto della campagna militare condotta dal console romano Sempronio Sofo, con l'obiettivo di garantire la sicurezza del confine orientale di Roma. In questo stesso periodo, i Romani fondarono anche la colonia di Alba Fucens, non lontano da Carsioli, per rafforzare la presenza romana nell'area. La posizione strategica di Carsioli lungo la via Valeria favorì lo sviluppo della città, che divenne un importante nodo viario e commerciale tra Roma e l'Italia centrale. Le indagini archeologiche hanno rivelato resti di mura in opera poligonale, strutture abitative e testimonianze della presenza romana, confermando l'importanza del sito. L'area conserva ancora tracce di un antico acquedotto e di edifici pubblici, mentre reperti rinvenuti nelle campagne di scavo sono conservati nei musei locali. Il sito di Carsioli rappresenta una preziosa testimonianza della colonizzazione romana e delle dinamiche di controllo territoriale nell'Italia centrale antica.
 
Sito archeologico di Cascina, Fraz. de L'Aquila (Aq)
 
Il sito archeologico di Cascina si trova nell'altopiano omonimo, nei pressi di Cagnano Amiterno, in Abruzzo. Questo antico insediamento sorgeva a circa 1.110 metri sul livello del mare, in una posizione dominante sulla valle dell'Aterno, a testimonianza della sua funzione strategica. Cascina fu uno dei castelli che, nel XIII secolo, contribuirono alla fondazione dell'Aquila, nell'ambito del processo di aggregazione dei borghi circostanti per volontà di Federico II di Svevia. Le prime attestazioni documentarie risalgono al XII secolo, quando il borgo faceva parte dei possedimenti del barone Tommaso di Preturo, insieme al vicino castello di Forcella d'Amiterno. Nel 1145, la comunità contava circa settantadue famiglie, confermando l'importanza del centro nell'organizzazione territoriale dell'alta valle dell'Aterno. La nascita del castello di Cascina potrebbe essere collegata alla progressiva decadenza della città di Amiternum, il cui spopolamento portò alla formazione di nuovi insediamenti nei dintorni. I resti del castello, sebbene limitati, offrono una preziosa testimonianza della storia medievale dell'area. Le rovine delle strutture difensive e delle abitazioni sono ancora visibili sull'altopiano, mentre le campagne di scavo hanno restituito reperti che documentano la vita quotidiana della comunità. Il sito rappresenta un importante esempio di continuità abitativa e trasformazione del paesaggio nell'Abruzzo interno, dalla tarda antichità al medioevo.
 
Sito archeologico di Cerfennia a Collarmele (Aq)
 
Il sito archeologico di Cerfennia si trova nell'antico territorio dei Marsi, in una posizione strategica tra la Marsica e la valle Peligna, non lontano dall'odierna Collarmele. Era situato lungo un'importante via di comunicazione, la via Valeria, che collegava Marruvium, capitale dei Marsi, con Corfinium, la valle dell'Aterno e Ostia Aterni. Questo percorso attraversava l'antico Mons Imeus, che corrisponde all'attuale passo di Forca Caruso, facilitando il transito tra diverse zone cruciali dell'Italia centrale. Cerfennia si trovava a circa cinque chilometri a nord di Marruvium e rivestiva un ruolo importante nell'organizzazione del territorio marsicano, fungendo da punto di passaggio per i viaggiatori e le merci. La città si sviluppò lungo la via Valeria, una delle principali arterie romane che garantiva il collegamento tra diverse regioni strategiche dell'impero. L'antica città, seppur non così conosciuta come altre località dell'epoca, rappresentava un nodo cruciale per la comunicazione e il commercio tra le diverse aree interne dell'Italia. Tra il 48 e il 49 d.C., l'imperatore Claudio completò un'importante opera di restauro della via Valeria, che da quel momento assunse il nome di via Claudia Valeria. Questo intervento migliorò la viabilità tra Corfinium e la costa adriatica, favorendo ulteriormente la crescita economica e strategica di Cerfennia. L'area archeologica di Cerfennia, oggi visitabile, conserva tracce di questa vivace connessione tra le popolazioni locali e l'impero romano, testimoniando il suo ruolo storico nell'assetto infrastrutturale dell'epoca.
 
Sito archeologico di Forcona, Fraz. de L’Aquila (Aq)
 
Il sito archeologico di Forcona, un tempo conosciuto come Forconium o Furconium, è stato un importante insediamento vestino situato nella valle dell'Aterno. La sua origine risale all'epoca repubblicana, ma raggiunse il massimo splendore durante l'Alto Medioevo, quando divenne sede della diocesi di Forcona, un ruolo che mantenne dal VII secolo fino al 1256. Dopo la fondazione dell'Aquila, avvenuta grazie anche al contributo di Forcona e Amiterno, la città iniziò un lento processo di decadenza che portò al suo progressivo abbandono. Forcona era situata nell'odierna Civita di Bagno, al centro della valle dell'Aterno e ai margini meridionali della conca aquilana, un'area strategica per i collegamenti commerciali e politici. Era posizionata lungo la via Claudia Nova, che metteva in comunicazione la via Salaria con la via Valeria, e si trovava anche sulla direttrice del tratturo magno, una delle principali vie di transumanza. L'insediamento si trovava inoltre in prossimità di Aveia, un municipio romano, il che ne testimonia l'importanza storica e geografica all'interno della regione. I resti archeologici di Forcona, tra cui quelli della sua cattedrale dedicata a Massimo d'Aveia, sono ancora visibili e costituiscono un'importante testimonianza della storia antica e medievale della regione. Secondo alcune fonti, il toponimo "Forcona" potrebbe riferirsi a un sistema di insediamenti diffusi, chiamato "ager forconensis", piuttosto che a una vera e propria città centralizzata. Questi resti archeologici offrono uno spunto fondamentale per comprendere la vita e l'evoluzione di questa località nei secoli, nonché il suo contributo alla formazione delle realtà urbane successive nella zona aquilana.
 
Sito archeologico di Forfona, Fraz. di Barisciano (Aq)
 
Il sito archeologico di Forfona si trova in Abruzzo, lungo la storica via Claudia Nova, una delle principali vie di comunicazione dell'antichità. In origine, Forfona era un villaggio che risale all'epoca romana, quando si configurava come un vicus dipendente da Peltuinum, con la denominazione di Furfo o Furfone. Il nome del villaggio potrebbe derivare dalla radice osca "forf-", che significa "fangoso" o "melmoso", probabilmente in riferimento alla natura del terreno su cui sorgeva, simile alla mansio Furfane situata in Puglia. Nel XIII secolo, Forfona divenne uno dei castelli che parteciparono alla fondazione della città dell'Aquila. Situato nella valle dell'Aterno a circa 855 metri sul livello del mare, il castello di Forfona si trovava in una posizione strategica, al confine tra l'area dei Sabini, con il loro municipio di Amiternum, e quella dei Vestini, con Peltuinum. La sua ubicazione sul Regio tratturo, che seguiva il tracciato della via Claudia Nova, ne garantiva una grande importanza strategica per il collegamento tra la conca aquilana e il mare Adriatico. L'area di Forfona, oggi poco più che un sito archeologico, offre preziose testimonianze della vita antica e medievale nella regione. La sua posizione, a cavallo tra due popolazioni storiche e lungo una delle principali vie di transito, ne fa un luogo di notevole interesse per la comprensione delle dinamiche di insediamento e di sviluppo commerciale e politico nel corso dei secoli. I resti del castello e del villaggio, seppur in parte deteriorati dal tempo, continuano a raccontare la storia di un luogo che ha avuto un ruolo significativo nella storia dell'Aquila e della sua provincia.
 
Sito archeologico di Foruli, Fraz. di Scoppito (Aq)
 
Il sito archeologico di Foruli corrisponde a un'antica città sabina situata nell'odierna frazione di Civitatomassa, nel territorio di Scoppito, in provincia dell'Aquila. Foruli era un vicus, una piccola città, che si trovava a circa 733 metri sul livello del mare, nella valle del Raio, al confine sud-occidentale della conca aquilana. La sua posizione strategica la rendeva un punto di collegamento cruciale tra diverse vie di comunicazione che attraversavano l'area, facilitando il traffico e lo scambio tra le varie regioni circostanti. Il vicus di Foruli si trovava all'incrocio di due importanti arterie viarie dell'antichità. La via Cecilia, una diramazione della via Salaria, collegava Interocrium con Amiternum e proseguiva verso il mare Adriatico, attraversando il passo delle Capannelle. Questa via, insieme alla via Claudia Nova che collegava Foruli a Aveia e Peltuinum, permetteva un flusso costante di persone e merci, contribuendo allo sviluppo e alla prosperità del vicus. La posizione di Foruli, dunque, non solo la rendeva un punto di passaggio fondamentale, ma anche un centro vitale per le interazioni commerciali e culturali dell'epoca. Oggi, i resti archeologici di Foruli offrono un'importante testimonianza della vita sabina in questa parte dell'Italia centrale. Sebbene il sito sia stato in gran parte inglobato dalle attuali infrastrutture, i reperti rinvenuti durante gli scavi continuano a suggerire l'importanza di questa località come nodo di collegamento tra la Sabina, la Marsica e l'Aquila. I resti delle strutture urbane, i tracciati viari e altri ritrovamenti archeologici offrono uno spunto fondamentale per comprendere la vita quotidiana, il commercio e l'assetto territoriale della zona nei secoli passati.
 
Sito archeologico di Grotte di Ortucchio (Aq)
 
Le Grotte di Ortucchio sono un affascinante complesso di grotte carsiche situate a mezza costa sul bordo meridionale della piana del Fucino, nel territorio comunale di Ortucchio, in provincia dell'Aquila, Abruzzo. Queste cavità naturali sono state modellate da movimenti tettonici e fenomeni di erosione nel corso dei millenni. Il sito rappresenta un'importante risorsa archeologica, non solo per la sua geologia, ma anche per la testimonianza di un'occupazione umana che si estende dal Paleolitico superiore fino all'epoca romana. I reperti ritrovati, datati attraverso il metodo del radiocarbonio, attestano una presenza umana che risale a ben 23.000 anni fa. Le grotte si trovano ad un'altitudine compresa tra i 650 e i 720 metri sul livello del mare, e costituiscono una parte fondamentale del sistema delle grotte fucensi e marsicane, un'area che ha suscitato l'interesse degli archeologi fin dagli anni '50. Le ricerche, iniziate con gli studi dell'archeologo Antonio Mario Radmilli dell'Università di Pisa, hanno portato alla luce numerosi reperti e tracce di insediamenti preistorici. Gli scavi hanno proseguito nel corso degli anni grazie al contributo della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell'Abruzzo, e agli studi successivi condotti dagli esperti dell'Università "La Sapienza" di Roma. Queste scoperte offrono una visione unica della vita umana nei periodi preistorici e romani, facendo delle Grotte di Ortucchio un punto di riferimento cruciale per la comprensione delle dinamiche abitative nell'area del Fucino. I resti archeologici rinvenuti nelle caverne testimoniano un lungo e continuo rapporto tra l'uomo e l'ambiente naturale, rivelando come le popolazioni preistoriche abbiano sfruttato queste grotte come rifugi, luoghi di culto o centri di produzione. Il sito archeologico continua a essere oggetto di studi e ricerche, arricchendo la conoscenza della preistoria e della storia antica dell'Abruzzo.
 
Sito archeologico di Lucus Angitiae a Luco dei Marsi (Aq)
 
Il sito archeologico di Lucus Angitiae, noto anche semplicemente come Angizia, si trova vicino alla sponda sud-occidentale della conca del Fucino, nell'odierno comune di Luco dei Marsi, in provincia dell'Aquila, Abruzzo. Il nome del sito è probabilmente legato al termine latino "lux" (luce), da cui deriva "lucus", che indica una radura nel bosco. Questo luogo sacro era dedicato alla dea Angizia, una divinità venerata dai Marsi, popolazione che abitava le sponde del lago Fucino. L'area sacra, che risale al III secolo a.C., era conosciuta anche con il nome di Anxa, un termine latino derivato dal nome marso di Anctia, che era l’appellativo indigeno della dea. Lucus Angitiae non solo era un importante luogo di culto, ma nel corso della sua storia ha svolto anche le funzioni di municipio, arrivando a essere un centro abitato fino all'Alto Medioevo. L'area archeologica è stata oggetto di numerosi studi, che hanno evidenziato la sua rilevanza sia religiosa che sociale. Il culto di Angizia era strettamente legato alla medicina popolare, in particolare alla preparazione di antidoti contro i veleni dei serpenti, una pratica che ha contribuito a rafforzare la reputazione del sito come centro di conoscenze erboristiche. Secondo la leggenda, gli abitanti di Lucus Angitiae erano esperti preparatori di rimedi naturali, conoscitori delle erbe dei monti circostanti, tra cui Umbrone, che secondo l’Eneide fu ucciso da Enea durante la guerra tra gli italici e i troiani. Questa connessione mitologica conferisce al sito un ulteriore valore culturale e simbolico, associandolo alla tradizione orale e alle pratiche curative delle popolazioni locali. L'area continua a essere di grande interesse per gli studiosi, non solo per la sua importanza storica e religiosa, ma anche per il suo legame con le leggende che hanno arricchito il folklore della regione.
 
Sito archeologico di Marruvio a San Benedetto dei Marsi (Aq)
 
Marruvio, conosciuta anche come Marruvium o Maruvium in latino, era un'antica città situata nell'Italia centrale, che rappresentava il principale centro del popolo dei Marsi, lungo le sponde del lago Fucino. Oggi il sito corrisponde all'area della moderna cittadina di San Benedetto dei Marsi, in provincia dell'Aquila, in Abruzzo. Capitale dei Marsi fin dal I millennio a.C., Marruvio mantenne questo ruolo centrale nella regione fino alla sua sottomissione a Roma, avvenuta nel tardo IV secolo a.C. Nonostante il suo importante ruolo politico e culturale, le informazioni sull'insediamento preromano di Marruvio sono limitate. L'area era abitata già dall'Età del Ferro, ma la vera e propria espansione urbanistica della città si verificò solo a partire dal II secolo a.C., con una notevole crescita che raggiunse il suo apice nel I secolo d.C., quando la città acquisì un'importanza maggiore sotto il dominio romano. Durante questo periodo, Marruvio divenne un importante centro di scambi e cultura. Il celebre storico Dionigi di Alicarnasso menzionò Marruvio come uno dei centri abitati dagli Aborigeni, un antico popolo italico che precedette i romani. Questa citazione è una delle principali testimonianze letterarie dell'esistenza di Marruvio, che, sebbene abbia avuto un ruolo significativo nella storia della regione, rimane avvolta in parte nel mistero per quanto riguarda i dettagli della sua vita quotidiana e della sua organizzazione politica prima dell'arrivo dei Romani. Il sito archeologico di Marruvio, tuttavia, continua a fornire importanti indizi sulla storia e sull'evoluzione di questa antica città.
 
Sito archeologico di Milonia a Ortona dei Marsi (Aq)
 
Milonia, anche conosciuta come Milionia, era un'antica città del popolo dei Marsi, che in epoca augustea fu inclusa nella regio IV Samnium. Il sito corrisponde all'attuale territorio comunale di Ortona dei Marsi, in provincia dell'Aquila, in Abruzzo. La città si sviluppò come un importante centro di difesa e commercio nella regione, ma fu solo grazie agli studi effettuati nel 1975 dall'archeologo inglese Andrew Slade che è stato possibile localizzare con certezza l'antica fortificazione marsa di Milonia. La città si trovava tra le località montane di Casei ("Casej") e Colle Cavallo, e le contrade che oggi corrispondono ai borghi di Cesoli e Rivoli, nel comune di Ortona dei Marsi. Gli scavi hanno portato alla luce i resti delle tombe, le tracce della cinta muraria e delle porte, elementi che permettono di ricostruire in parte la struttura e l'importanza dell'antico insediamento. Questi reperti suggeriscono che Milonia fosse una città ben fortificata, probabilmente progettata per svolgere un ruolo di protezione e controllo sulle valli circostanti. Nonostante il nome originario della città fosse Milionia, nel corso dei secoli la sua denominazione cambiò in Melogne, riflettendo probabilmente l'evoluzione del linguaggio e delle tradizioni locali. Il sito archeologico di Milonia offre oggi un'importante finestra sulla vita e l'architettura di una delle città più rilevanti del popolo dei Marsi, che, purtroppo, non è stata sufficientemente documentata nelle fonti antiche. I resti che emergono dalla terra testimoniano una civiltà che prosperò in un periodo cruciale della storia dell'Italia centrale, durante l'epoca romana. Gli studi continuano a illuminare il passato di questa città, facendo di Milonia un sito di notevole valore per la comprensione delle dinamiche sociali, politiche e militari dell'antico popolo marsico.
 
Necropoli Le Castagne a Castel di Ieri (Aq)
 
La necropoli Le Castagne si trova nei pressi di Forca Caruso, in provincia dell'Aquila, ed è un sito archeologico di grande rilevanza. Oggetto di tre campagne di scavi condotte dalla Soprintendenza Archeologica per l'Abruzzo tra il 1983 e il 1992, la necropoli ha rivelato oltre 300 tombe a tumulo, databili all'Età del Ferro. Tuttavia, alcuni reperti rinvenuti in loco risalgono anche al Paleolitico, suggerendo una lunga storia di occupazione del territorio. Questo sito rappresenta una testimonianza significativa delle pratiche funerarie e della cultura di popolazioni che abitavano la zona. Le tombe a tumulo contenevano, oltre ai resti umani, numerosi oggetti funerari, tra cui armi in bronzo, vasellame e ornamenti femminili, che offrono uno spunto importante per comprendere le tradizioni e le credenze dell'epoca. Questi reperti evidenziano un'organizzazione sociale ben strutturata e una società che dava grande valore agli oggetti personali e simbolici. La varietà degli oggetti ritrovati permette inoltre di ipotizzare una certa distinzione tra le classi sociali, con una chiara differenziazione tra i corredi funebri maschili e femminili. La necropoli Le Castagne è situata in una posizione strategica, in grado di dominare la Valle Subequana e l'importante valico di Forca Caruso, una zona di passaggio cruciale tra diverse aree dell'Abruzzo. Si ritiene che la necropoli servisse il vicino nucleo abitato di Colle Cipolla, oggi Castel di Ieri. Questo sito non solo conferma l'esistenza di insediamenti umani in una zona di grande valore strategico, ma fornisce anche uno spunto per comprendere le dinamiche sociali, culturali e commerciali che legavano queste popolazioni agli altri centri della regione.
 
Necropoli di Cava della Rena e di San Carlo a Fonte Curato, Fraz. di Anversa degli Abruzzi (Aq)
 
Le Necropoli di Cava della Rena e di San Carlo - Fonte Curato si trovano nei pressi della Necropoli di Coccitelle, ad Anversa degli Abruzzi, in provincia dell'Aquila, e rappresentano un importante complesso archeologico della regione. La Necropoli di Cava della Rena, che risale al periodo compreso tra il III e il I secolo a.C., è caratterizzata principalmente da tombe a camera. All'interno di queste tombe sono stati ritrovati numerosi reperti, tra cui ceramiche, bronzi e materiali in ferro, che offrono una finestra sulla vita quotidiana e le pratiche funerarie delle popolazioni locali in quel periodo. Adiacente a questa necropoli si trova la Necropoli di San Carlo - Fonte Curato, risalente al IV-I secolo a.C. Anche in questo caso sono emersi resti di tombe ricoperte da lastroni, una caratteristica che ricorda quella della vicina Necropoli di Coccitelle. Le tombe lastricate indicano una tradizione funeraria ben consolidata, legata a un'organizzazione sociale e culturale che prevedeva l'uso di materiali durevoli e simbolicamente significativi per le sepolture. I reperti ritrovati in questa necropoli, sebbene meno numerosi rispetto a quelli di Cava della Rena, contribuiscono comunque a tracciare un quadro della vita nell'area nel periodo precedente la romanizzazione. Le due necropoli, situate in un contesto geografico di grande valore, testimoniano un'intensa attività sepolcrale e sono il riflesso di una società che, sebbene fortemente legata alle tradizioni locali, cominciava ad assimilare influssi esterni, come quelli derivanti dalla cultura romana. Gli scavi hanno arricchito la conoscenza delle dinamiche funerarie e sociali degli abitanti di Anversa degli Abruzzi e della sua valle, fornendo importanti indizi sulle pratiche religiose e culturali delle popolazioni che abitavano la regione tra il IV e il I secolo a.C.
 
Necropoli di Coccitelle ad Anversa degli Abruzzi (Aq)
 
La necropoli di Coccitelle si trova nei pressi di Anversa degli Abruzzi, in provincia dell'Aquila, e rappresenta un importante sito archeologico che offre testimonianze sulle pratiche funerarie delle popolazioni locali. Datata tra il IV e il III secolo a.C., il periodo tardo ellenistico fino all'epoca tardo repubblicana, questa necropoli era utilizzata dagli abitanti del "pagus" che sorgeva sopra l'attuale Anversa. Questo sito testimonia un'area di sepoltura attiva in un'epoca cruciale, che precedette la romanizzazione della regione, con il popolo dei Peligni che vi abitava prima della loro sottomissione a Roma dopo la guerra sociale. La necropoli di Coccitelle fu per la prima volta individuata alla fine dell'Ottocento dall'archeologo Antonio De Nino, ma solo negli anni '90 furono avviati scavi più approfonditi che hanno permesso di chiarire meglio la portata del sito. A distanza di qualche centinaio di metri dalla strada che collega Anversa degli Abruzzi a Bugnara, Introdacqua e Sulmona, si trovano i resti di circa 50 tombe a lastroni, che rappresentano una delle principali tipologie di sepoltura di questa area. Le tombe lastricate indicano un rituale funerario ben definito, in cui i defunti venivano sepolti sotto grandi lastre di pietra. I reperti rinvenuti nel sito non sono numerosi, ma forniscono importanti indizi sulla cultura dei Peligni e sulla loro vita quotidiana. Le tombe a lastroni sono generalmente attribuite a popoli preromani, che, dopo essere stati coinvolti nella guerra sociale, furono probabilmente assoggettati a Roma. La necropoli di Coccitelle non solo testimonia le pratiche sepolcrali di una civiltà antica, ma contribuisce anche a tracciare un quadro più ampio della storia e delle trasformazioni sociali della regione Abruzzo durante l'epoca pre-romana.
 
Sito archeologico di Ocriticum a Cansano (Aq)
 
Ocriticum è un importante sito archeologico situato nel territorio del comune di Cansano, in provincia dell'Aquila, nell'area compresa tra i microtoponimi di Zeppe, Pantano e Tavuto. Le testimonianze rinvenute nel sito coprono un ampio arco temporale, che va dal Neolitico all'Alto Medioevo, ma il periodo di massimo sviluppo si registrò sotto il dominio romano. In questo periodo, l'area divenne di grande rilevanza grazie alla sua posizione strategica lungo la Via Nova, l'importante arteria che collegava Corfinium al Sannio. Durante il periodo romano, Ocriticum divenne sede di un grande santuario monumentale dedicato a Giove, costruito in corrispondenza della vicina Via Nova. Questo santuario rappresentava un centro religioso di notevole importanza, testimoniato non solo dai resti archeologici rinvenuti, ma anche dalla sua presenza sulla Tavola Peutingeriana, una mappa antica che segnava le principali stazioni lungo le vie romane. La posizione di Ocriticum, al crocevia di importanti vie di comunicazione, ne sottolinea il ruolo fondamentale nei traffici e nei movimenti commerciali dell'epoca. L'area di Ocriticum, legata alla mansio Jovis Larene, un punto di sosta e ristoro per i viaggiatori lungo la Via Nova, costituisce una testimonianza significativa delle strutture di supporto e dei luoghi di culto che prosperavano lungo le principali vie di comunicazione romane. Le indagini archeologiche hanno rivelato l'esistenza di resti monumentali e di infrastrutture che confermano l'importanza di questo sito, non solo come centro religioso, ma anche come nodo cruciale di scambi e interazioni tra le diverse popolazioni della regione.
 
Area archeologica di Rio Tavana, Fraz. di Lecce nei Marsi (Aq)
 
L'area archeologica di Rio Tavana si trova lungo l'argine dell'omonimo torrente nel comune di Lecce nei Marsi, in provincia dell'Aquila, nel cuore dell'Abruzzo. Questo sito è di particolare interesse poiché ha restituito tracce di un villaggio primordiale risalente al Neolitico antico, databile intorno al 6.800 a.C., nel VII millennio a.C. Le scoperte hanno avuto luogo nei pressi del corso del torrente Tavana, oltre il vallone di Santa Lucia e a nord-est rispetto alla valle di Amplero, un altro sito di interesse archeologico della zona. Gli scavi archeologici sono iniziati nel 1985, a seguito di una frana causata da un'alluvione che ha permesso di portare alla luce i resti del cosiddetto "villaggio di Rio Tavana". L'intervento era necessario anche per recuperare e documentare i reperti emersi, in quanto, negli anni Sessanta, le opere di regimentazione del torrente avevano già provocato un'ulteriore erosione dell'argine sinistro, minacciando ulteriormente la conservazione dei resti. L'area si presenta come un importante esempio di insediamento umano del Neolitico, un periodo in cui le comunità cominciavano a sviluppare una vita più stabile e strutturata. Le scoperte effettuate in questo sito offrono una panoramica significativa sulle prime fasi della vita comunitaria in Abruzzo, evidenziando pratiche quotidiane e tecniche di insediamento che risalgono a migliaia di anni fa. L'importanza di Rio Tavana non risiede solo nella sua antichità, ma anche nel fatto che rappresenta uno dei pochi esempi di villaggio preistorico nella regione, contribuendo a una comprensione più ampia dello sviluppo delle prime civiltà agricole nell'Italia centrale. I reperti ritrovati nel sito, che includono strumenti in pietra e tracce di abitazioni, testimoniano la vita e le attività delle prime comunità che popolavano queste terre montuose.
 
Sito archeologico di Supinum a Trasacco (Aq)
 
Supinum fu un antico centro del popolo marsico, situato nel territorio dell'attuale comune di Trasacco, in provincia dell'Aquila, nella Vallelonga, in Abruzzo. Il suo nome, Supna in lingua marsa, è legato a un insediamento che si sviluppò tra il periodo italico e l'epoca romana. Il sito era posizionato strategicamente tra le piccole vallate di Castagne e Fontignana, e i piani di Spineto, Mole Secche e Torricelle di Monte Alto, non lontano dalla sponda meridionale del lago Fucino. La sua posizione geografica lo rendeva un punto di riferimento importante nella regione. Durante l’età repubblicana, tra il III e il I secolo a.C., Supinum fu sotto il controllo dei questori, che ne gestivano le attività amministrative e fiscali. Questo periodo segna l'importanza crescente del villaggio, che divenne un nodo cruciale per la regione. Successivamente, con l’espansione dell’Impero Romano, il sito passò sotto la giurisdizione del municipium di Marruvium, un altro importante centro della Marsica, e fu controllato dai magistrati imperiali, segnando un ulteriore passo nella sua integrazione nel sistema romano. Il sito archeologico di Supinum offre importanti testimonianze della vita e dell’organizzazione sociale dei Marsi in epoca romana. Gli scavi hanno riportato alla luce resti che evidenziano la trasformazione dell'insediamento in una località di rilievo amministrativo e commerciale sotto il controllo romano. L'area conserva tracce di strutture che testimoniano l’evoluzione del villaggio, facendo di Supinum un'importante testimonianza del passaggio dall'età italica a quella romana e del ruolo che i piccoli centri marsici ebbero nella grande rete di colonizzazione e amministrazione dell'Impero.
 
Sito archeologico del Tempio italico di Castel di Ieri (Aq)
Il tempio italico di Castel di Ieri, situato nel comune omonimo in provincia dell'Aquila, rappresenta un importante luogo di culto dei Peligni Superequani. L'area si trova in località Piè di Franci, lungo la strada provinciale Claudia Nova, che collega Goriano Sicoli. I resti del sito archeologico sono visibili ai piedi di una parete rocciosa, dove anticamente scorreva una sorgente. Gli scavi archeologici, avviati dalla Soprintendenza per i beni archeologici dell'Abruzzo a partire dal 1987, hanno rivelato un'area di circa 120 metri per 90, che ha restituito una ricca documentazione storica. All'interno di questa area sono emersi i resti di due templi, identificati come Tempio A e Tempio B. Sebbene non sia ancora certo a quale divinità fossero dedicati, gli studiosi ipotizzano che il tempio più recente e meglio conservato fosse dedicato a Giove Egioco, una figura centrale del pantheon romano e italico. Le strutture ritrovate suggeriscono una complessa organizzazione del luogo di culto, in cui la venerazione della divinità era strettamente legata alla vita religiosa e sociale della popolazione locale. In seguito agli scavi, sono stati riportati alla luce anche cinque tombe, disposte più in profondità rispetto ai resti dei templi. Questi ritrovamenti suggeriscono che l'area non solo fosse un importante centro di culto, ma anche un luogo di sepoltura. Le tombe, scavate in modo sistematico, offrono ulteriori indizi sulla vita quotidiana, sulle pratiche religiose e sulle tradizioni funerarie dei Peligni Superequani, arricchendo così la comprensione di questa civiltà antica e della sua evoluzione nel contesto dell'Italia centrale.
Sciare in Abruzzo significa immergersi in panorami mozzafiato, tra montagne maestose e borghi pittoreschi che aggiungono fascino a una giornata trascorsa sulla neve. Questa regione offre un’esperienza unica, grazie a un territorio che alterna cime innevate a spazi naturali intatti, creando l’ambiente ideale per gli appassionati degli sport invernali. L’Appennino abruzzese, con le sue cime imponenti, accoglie numerose stazioni sciistiche ben attrezzate e in grado di soddisfare le esigenze di sciatori di ogni livello. Le piste si snodano tra pendii soleggiati, boschi secolari e paesaggi aperti, garantendo una combinazione perfetta tra sport e natura. Oltre allo sci alpino, la regione è anche un paradiso per il freeride e lo snowboard, con percorsi studiati appositamente per gli amanti delle discese più adrenaliniche. Non manca poi la possibilità di praticare lo sci di fondo, un’attività che consente di esplorare in tranquillità l’Abruzzo innevato. Tra altopiani incantati e vallate suggestive, questa disciplina permette di vivere la montagna in un modo diverso, silenzioso e contemplativo. Anche le famiglie trovano opzioni ideali, con aree dedicate ai bambini e percorsi più facili pensati per i principianti. La neve abruzzese diventa così il pretesto perfetto per scoprire una terra ricca di autenticità, dove i paesaggi innevati si fondono con l’atmosfera calda e accogliente dei borghi montani. Après-ski nei rifugi, sapori tipici e tradizioni locali completano l’esperienza, regalando momenti di relax e convivialità in un contesto che non smette mai di stupire. Sciare in Abruzzo non è solo uno sport, ma un viaggio tra natura, cultura e avventura.
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Sciare in Abruzzo. L’Abruzzo è terra di montagne e di sciatori. È sufficiente spaziare con lo sguardo lungo l'orizzonte, in qualsiasi angolo della regione ci si trovi, per incontrare filari di cime che, allineate come soldatini di piombo, svettano verso il cielo. Sono i massicci della Majella, del Gran Sasso, della Laga, del gruppo Sirente-Velino, solo per citare i più grandi e noti. Un fantastico mondo di alta quota che costituisce il più formidabile complesso montano dell’Appennino (con caratteristiche a volte alpine), collocato strategicamente nel centro dell’Italia e del Mediterraneo. Grandi complessi montuosi, caratterizzati da un forte e duraturo innevamento, attrezzati con stazioni ed impianti turistici numerosi e qualificati...


Il mare d'Abruzzo offre un'esperienza indimenticabile, fatta di acque cristalline, spiagge variegate e panorami che raccontano la bellezza selvaggia e incontaminata della natura. La costa abruzzese, che si estende per oltre 130 chilometri, accoglie chi cerca relax, avventura o la scoperta di angoli nascosti dove il tempo sembra essersi fermato. Le spiagge si alternano tra ampi arenili sabbiosi e tratti rocciosi, ognuno con un fascino unico. Le dolci colline che degradano verso il mare creano scenari pittoreschi, arricchiti dalla presenza di caratteristici trabocchi, antiche macchine da pesca in legno che sembrano sospese tra cielo e acqua. Questi monumenti alla tradizione marinara raccontano un passato fatto di dedizione e rispetto per il mare, ancora oggi visibile nello stile di vita delle comunità costiere. Il mare d'Abruzzo è anche una promessa di divertimento e benessere. Le acque limpide sono ideali per nuotate rinfrescanti e sport acquatici, come il kayak, il windsurf e le immersioni, che rivelano la ricca vita marina dei fondali. Passeggiate lungo i lungomari regalano momenti di quiete, mentre i piccoli porti e le antiche torri costiere narrano storie di un rapporto secolare tra terra e mare. Lungo questa costa, l’esperienza balneare si intreccia con una gastronomia profondamente legata al territorio. I sapori del mare si trasformano in piatti unici, come il celebre brodetto di pesce, che celebra la freschezza e la genuinità degli ingredienti locali. Tra un tuffo e l’altro, è possibile immergersi anche nella cultura, visitando borghi storici affacciati sul mare, dove l’ospitalità abruzzese si manifesta in tutta la sua autenticità. Il mare d'Abruzzo non è solo una destinazione, ma un invito a scoprire un modo di vivere che unisce natura, tradizione e emozioni. Ogni ondeggiare delle acque e ogni tramonto sulla costa lasciano un segno nel cuore, raccontando la storia di un territorio unico, che sa come abbracciare i suoi visitatori con tutta la forza e la bellezza della sua anima.
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Il mare d'Abruzzo. Dal Tronto a Francavilla al Mare, a sud di Pescara, la costa è una uniforme, regolare e dorata fascia di soffice arenile, larga e accogliente; dalla foce del fiume Foro, a sud di Francavilla, la linea costiera diviene invece alta, portuosa, con scogliere, calette e lunghi tratti di spiaggia a ciottoli, per poi riaprirsi ai larghi arenili solo nel Vastese, al confine col Molise. Il tratto caratteristico di questo paesaggio marino è dunque la varietà, con ambienti e paesaggi per tutti i gusti. Questa particolare bivalenza della riviera, e la stessa conformazione geografica dell’Abruzzo collinare, creano un comprensorio turistico unico nel suo genere che può vantare caratteristiche davvero esclusive: una costa che diventa porta d’accesso all’intero territorio...

L'enogastronomia abruzzese è un viaggio tra sapori autentici e tradizioni antiche, una sintesi perfetta di mare e montagna che racconta l'anima profonda della regione. Qui, ogni piatto e ogni vino riflettono l'essenza di un territorio generoso, dove la natura incontaminata e la cultura locale si intrecciano per creare un patrimonio culinario unico. In Abruzzo, il cibo non è solo nutrimento, ma una forma di espressione, un legame con le stagioni e con le radici storiche delle comunità. Dai borghi montani alle località costiere, la cucina si distingue per la semplicità e la genuinità degli ingredienti, spesso prodotti artigianalmente. Le ricette, tramandate di generazione in generazione, portano con sé gesti e sapori che parlano di tempi lontani. La terra abruzzese è nota per prodotti straordinari che vanno dall’oro rosso dello zafferano di Navelli ai tartufi profumati delle montagne. I formaggi di pecora, come il pecorino e la ricotta affumicata, raccontano la maestria dei pastori, mentre la pasta fatta a mano, come i celebri maccheroni alla chitarra, celebra l’arte e la pazienza delle cuoche abruzzesi. Il vino gioca un ruolo fondamentale in questo racconto di gusto. Il Montepulciano d'Abruzzo, robusto e avvolgente, è una delle etichette più amate e apprezzate a livello internazionale, affiancato dal delicato Trebbiano d'Abruzzo. Ogni bicchiere racchiude il carattere di queste colline baciate dal sole, dove i vigneti prosperano tra la brezza del mare e l’aria fresca dei monti. Ma l’enogastronomia abruzzese è anche convivialità, un rito che si consuma attorno a una tavola ricca di sapori e storie. Ogni assaggio è un incontro con una cultura che rispetta la natura e valorizza la tradizione, rivelando un equilibrio perfetto tra semplicità e raffinatezza. È un’esperienza che va oltre il palato, coinvolgendo i sensi e lasciando un ricordo indelebile, un legame profondo con una terra che sa come regalare emozioni.
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L'Enogastronomia. La cucina abruzzese è la tradizionale cucina dell'Abruzzo; essa è molto vasta ed è originaria dalle tradizioni sia pastorali delle zone interne montane che marinare della zona costiera; tra gli alimenti più utilizzati troviamo: il pane, la pasta, la carne, i formaggi e il vino. L'isolamento che per decenni ha caratterizzato la regione ha fatto sì che quest'ultima mantenesse un'arte culinaria viva ed indipendente. Tra i prodotti abruzzesi che sono entrati nell'immaginario collettivo di tutto il mondo troviamo i classici confetti tipici della città di Sulmona, lo zafferano coltivato principalmente nell'altopiano di Navelli, gli arrosticini di pecora, gli spaghetti alla chitarra e il prestigioso vino Montepulciano d'Abruzzo. Altri prodotti...

L’artigianato abruzzese rappresenta una straordinaria testimonianza della tradizione e dell’ingegno della regione, un legame profondo tra passato e presente. Ogni angolo dell’Abruzzo racconta storie attraverso opere d’arte create da mani esperte che hanno saputo conservare tecniche e saperi antichi. Uno degli ambiti più celebri è la lavorazione della ceramica. Tra i centri più importanti spicca Castelli, rinomata in tutto il mondo per le sue maioliche decorate a mano con motivi floreali, geometrici e scene di vita quotidiana. Gli artigiani locali continuano a utilizzare metodi tramandati di generazione in generazione, valorizzando colori e disegni che rispecchiano il territorio e la sua cultura. Di grande pregio è anche l’arte della lavorazione del ferro battuto, tipica delle aree montane. Fabbri esperti modellano a caldo cancelli, lampade e altri oggetti, dando vita a opere di straordinaria bellezza e resistenza. Questa tradizione, radicata nella vita rurale, trova il suo apice in laboratori che combinano creatività e funzionalità. Un altro settore emblematico è quello della tessitura. La produzione di merletti e ricami, soprattutto quelli di Pescocostanzo, si distingue per l’eleganza e la finezza dei dettagli. I famosi merletti al tombolo rappresentano una delle forme d’arte più delicate e raffinate, simbolo della pazienza e della maestria delle artigiane abruzzesi. Anche il legno è un materiale protagonista nell’artigianato regionale. Gli ebanisti abruzzesi si dedicano alla creazione di mobili e oggetti decorativi, molti dei quali presentano intagli che richiamano motivi religiosi o naturali. Inoltre, l’arte della scultura del legno è strettamente legata alle tradizioni religiose, con la realizzazione di statue sacre e presepi. Di notevole interesse è l’oreficeria, un’attività che affonda le sue radici nel Medioevo. L'Abruzzo vanta gioielli di rara bellezza, come la "Presentosa", un ciondolo femminile di antica tradizione, simbolo di amore e augurio. Le tecniche di lavorazione, come l’incastonatura e la filigrana, mostrano un’altissima competenza tecnica e artistica. L’artigianato abruzzese, dunque, non è solo un insieme di abilità manuali, ma anche un’espressione di identità culturale. Attraverso i materiali, i disegni e le tecniche, gli artigiani raccontano la storia e l’anima di una terra unica, in cui passato e presente si fondono per dare vita a opere di inestimabile valore.
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L'Artigianato in Abruzzo. L’artigianato abruzzese rappresenta una delle espressioni più autentiche della cultura e delle tradizioni locali, tramandate di generazione in generazione. Tra le lavorazioni più celebri spiccano quelle della ceramica e della maiolica, con il borgo di Castelli che vanta una fama internazionale per i suoi manufatti decorati con motivi floreali, religiosi e geometrici. Ugualmente significativa è la tradizione orafa, con la creazione di gioielli come la presentosa, simbolo dell’Abruzzo, e di raffinati monili in filigrana, prodotti in centri come Sulmona e Scanno. La tessitura e il merletto trovano la loro massima espressione nei pregiati tomboli di Pescocostanzo e negli arazzi realizzati con telai tradizionali nei piccoli borghi montani...
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