Altri siti archeologici in Provincia di Chieti
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Altri siti archeologici in Provincia di Chieti - Abruzzo

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Anxanum fu un'antica città del
popolo italico dei Frentani, corrispondente all'attuale Lanciano, in provincia
di Chieti. La città sorgeva su un contrafforte inclinato in direzione sud-nord,
con un'altitudine compresa tra i 250 e i 285 metri sul livello del mare. Il
territorio era delimitato dal Fosso Spirito Santo, nei pressi dell'ex convento
dei Celestini, e dal Fosso di Santa Apollonia, in contrada San Iorio-Santa
Liberata. Il rilievo principale su cui si sviluppava l'insediamento era il
Colle Erminio, oggi noto come Lancianovecchio, che culmina in piazza Plebiscito
e si estende fino al Piano della Fiera, lungo l'attuale corso Trento e Trieste,
per giungere infine al convento di Sant'Antonio, adiacente all'ex convento di
Santo Spirito, zona interessata da un'espansione edilizia più recente. Le origini di Anxanum sono
avvolte nella leggenda, alimentata dagli storiografi locali tra i quali Giacomo
Fella, Pietro Pollidori, Omobono Bocache e Domenico Romanelli. Sebbene questi
autori abbiano spesso romanzato la storia cittadina, attribuendo la fondazione
a personaggi mitologici, le loro teorie restano prive di riscontri documentali.
Fella e Pollidori ipotizzarono che Anxanum fosse stata fondata da Solimo,
compagno di Enea, fuggito da Troia, mentre Pollidori aggiunse la figura di
Anxa, fratello di Solimo, come co-fondatore della città nel 1179 a.C. Tali
narrazioni, sebbene affascinanti, mancano di basi storiche e risultano smentite
dai reperti archeologici, che attestano la presenza umana nella zona sin dal
Neolitico, ben prima della fondazione di Roma nel 753 a.C. Nonostante l'assenza di prove
epigrafiche a sostegno delle leggende sulla fondazione, il sito archeologico di
Lanciano testimonia una lunga continuità di insediamento. Le evidenze
materiali, come frammenti di ceramica e utensili litici, indicano che l'area fu
abitata fin dalla preistoria, con un progressivo sviluppo in epoca protostorica
e sannitica. La ricchezza delle testimonianze archeologiche, unite alla
posizione strategica tra la costa adriatica e l'entroterra appenninico,
conferma l'importanza di Anxanum come centro di scambio e crocevia di culture
nel territorio frentano. |
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Cluviae era un'antica città del
popolo italico dei Carricini, sorta su un insediamento fortificato
preesistente. L'abitato misurava circa 680 metri di lunghezza con un perimetro
di 1560 metri, dimensioni che ne attestano l'importanza come municipium romano,
superiore a quella di un semplice pagus o vicus. Se paragonata ad altre città
antiche come Isernia, con i suoi 870 metri di lunghezza e 2000 di perimetro, o
Sulmona, lunga 450 metri con un perimetro di 1500 metri, Cluviae si distingue
per la sua estensione, a conferma del ruolo centrale che rivestiva nella
regione. L'odierna collocazione di
Cluviae si trova nel territorio di Casoli, in provincia di Chieti, presso la
frazione di Piano Laroma. La città è menzionata da Tito Livio, che narra come
nel 311 a.C. i Romani avessero inviato delle truppe nei pressi di Cluviae per
impedire l'alleanza tra gli Etruschi e i Sanniti, durante le guerre sannitiche.
Le forze romane, guidate dal console Gaio Giunio Bruto, subirono diverse
sconfitte proprio nei pressi della città, a testimonianza della rilevanza
strategica del sito nella regione. I resti archeologici di Cluviae,
il cui sviluppo urbanistico è databile dal I secolo a.C. fino alla metà del
secolo successivo, giacciono sepolti in località Piano La Roma di Casoli. Tra
le evidenze materiali rinvenute figurano tracce di mura, edifici pubblici e
frammenti di ceramica, che confermano la vitalità del centro in epoca romana.
L'importanza di Cluviae risiede non solo nelle sue dimensioni, ma anche nella
sua funzione di snodo tra le aree interne dell'Abruzzo e le rotte commerciali
verso la costa adriatica. |
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Comino è una delle 24 frazioni
del comune di Guardiagrele, in provincia di Chieti. Il centro abitato affonda
le sue origini nell'antica necropoli italica di Cominae, dove in epoca
medievale sorse il Castrum Cominae. Questo insediamento fortificato rappresentava
un punto strategico nella valle, consolidando la continuità abitativa della
zona fin dall'antichità. La prima menzione documentata
del castello risale al 1056, quando Raniero da Cono lo donò al monastero di San
Salvatore alla Maiella, che esercitava i diritti di imposizione fiscale sulla
chiesa di San Clemente in Badia. Nel 1183, Trasmondo di Chieti confermò il
possesso monastico, mentre il feudo era conteso tra il conte Rainaldo da Letto
e lo stesso Trasmondo. Il conflitto si risolse con un atto di pace nello stesso
anno, siglato presso il castello alla presenza di baroni locali.
Successivamente, nel 1238, Federico II confermò la proprietà a Boemondo di
Letto, mentre nel 1280 Abamondo di Letto acquisì anche il feudo di Palombaro,
ampliando i domini familiari. Nel corso dei secoli, la
famiglia da Letto mantenne il controllo di Comino, seppur con una progressiva
frammentazione delle proprietà. Nel 1450, il feudo era suddiviso tra Alberto e
Francesco di Letto, con l'ultimo privilegio concesso nel 1497. Il devastante
terremoto del 1706 compromise gravemente il borgo, segnando la fine del suo
antico splendore e la trasformazione in un piccolo nucleo di case sparse,
abitato prevalentemente da contadini. |
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La necropoli del Crocifisso si
trova nei pressi di Pretoro, in provincia di Chieti, immersa in un paesaggio
montano di grande valore storico e naturalistico. Questo sito archeologico ha
rivelato una stratificazione di insediamenti umani risalenti a diverse epoche,
testimoniando la lunga continuità abitativa dell'area. Gli scavi condotti
dall'Archeoclub di Pretoro hanno portato alla luce una villa romana risalente
al I secolo d.C., con pavimenti decorati da mosaici geometrici e una sala con
rivestimenti in cocciopesto, al cui interno è stato rinvenuto un bozzetto votivo.
L'indagine archeologica ha inoltre identificato magazzini annessi alla villa,
ruderi di abitazioni turistiche e numerose monete risalenti all'epoca di
Augusto, a conferma della vitalità economica del sito in epoca romana. Tra i reperti più significativi
figurano un sarcofago in lastroni di pietra con coperchio a doppio spiovente,
contenente lo scheletro di un guerriero italico con elmo e corredo bronzeo.
Inoltre, sono stati rinvenuti i resti di una capanna neolitica con lo scheletro
dell'uomo della Maiella, e una tomba preromana con uno scheletro accompagnato
da corredo funebre, sepolto sotto un tumulo di pietre. Questi ritrovamenti
offrono uno spaccato prezioso sulle diverse fasi di occupazione del territorio,
dall'età del Neolitico fino all'epoca romana. |
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Porcari è un sito archeologico
situato nel comune di Atessa, in provincia di Chieti, lungo un antico tratturo
utilizzato per la transumanza. La presenza di reperti archeologici testimonia
l'importanza del luogo come area sacra e punto di riferimento per le comunità
locali fin dall'epoca italica. Nel 1977, durante una campagna
di scavi, è stata rinvenuta una statuetta in bronzo alta 32 centimetri, nota
come "Dio Ignudo di Atessa", raffigurante una divinità maschile. Le
successive indagini archeologiche hanno portato alla luce un témenos, ovvero un
recinto sacro, all'interno del quale sono emersi i resti di un tempietto in
antis con pareti decorate e pavimenti in opus signinum, una tecnica di
rivestimento tipica dell'epoca romana. Gli scavi hanno rivelato anche
pavimentazioni disposte a spina di pesce, due basi di colonne e numerosi
frammenti di terracotta rosa con decorazioni in vernice nero-bruna. Tra i
reperti più significativi figurano un catino decorato con un serpente, una testa
di cavallo, manufatti in bronzo e ferro, una moneta e la base di una statua in
bronzo. Questi ritrovamenti confermano la funzione cultuale del sito e la sua
rilevanza nel contesto religioso e sociale dell'antichità. |
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Le Terme di Vasto, situate
nell'antica Histonium, rappresentano il più grande complesso termale della
fascia adriatica dell'Italia centro-meridionale, con un'estensione di circa 250
m². Gran parte del sito archeologico resta ancora sepolta sotto la strada
Adriatica e la chiesa di Sant'Antonio, lasciando intuire l'imponenza originaria
della struttura e il suo ruolo centrale nella vita della città romana. Gli scavi, avviati dalla
Soprintendenza di Chieti dopo la frana del 1956 in via Adriatica, hanno portato
alla luce nel 1973-1974 il complesso termale in laterizio, databile al II
secolo d.C. Le indagini hanno rivelato ambienti di notevole pregio architettonico,
con pavimenti a mosaico e in marmo, testimoniando la raffinatezza e il
benessere raggiunti dalla città di Histonium durante l'apogeo imperiale. Per agevolare i lavori di scavo,
venne demolito l'ex convento dei Francescani annesso alla chiesa di
Sant'Antonio di Padova. Finora sono emersi tre pavimenti decorati, due a
mosaico e uno in marmo, di rara bellezza e in ottimo stato di conservazione. Il
complesso, articolato su tre livelli che seguono il declivio naturale del
terreno, si estende dalla chiesa di Sant'Antonio fino alla chiesa della Madonna
delle Grazie, rappresentando uno degli esempi meglio conservati di architettura
termale in Abruzzo. |
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Trebula è un sito archeologico situato nel comune di
Quadri, in provincia di Chieti, appartenente alla sottotribù sannita dei
Carecini. Il sito si estende su un declivio collinare sotto il campo sportivo,
lungo la strada per Pizzoferrato, in via della Pace. Tra i resti archeologici
figurano un teatro romano e la chiesa benedettina della Madonna dello Spineto,
edificata in epoca medievale sui ruderi di un tempio italico.
L'origine del nome Trebula potrebbe derivare dal toponimo
trebe o traebe, con riferimento a costruzioni realizzate in
legno, oppure potrebbe indicare un casale. Un'epigrafe di età adrianea,
rinvenuta sul sito, testimonia l'esistenza di un vicus di Trebula, che
divenne municipio romano dopo la guerra sociale, insieme alle vicine Cluviae e
Juvanum. I reperti archeologici, risalenti all'età augustea e al primo periodo
imperiale, comprendono resti di un piccolo anfiteatro, di cui è stata riportata
alla luce parte dell'arena.
Il tempio italico, probabilmente dedicato a Iuppiter
Trebulanus, era orientato da nord a sud e si caratterizzava per un podio ancora
visibile. Il lastricato della cella sacra mostra influenze dello stile
ellenistico, diffuso dopo il 217 a.C. e durante il II secolo a.C. Le campagne
di scavo condotte tra il 1990-91, il 1995 e il 2006-2009 hanno riportato alla
luce tratti del recinto sacro in opera poligonale, restituendo un'immagine
significativa del santuario e del sistema archeologico Sangro-Aventino, di cui
Trebula rappresenta uno dei siti più rilevanti. |


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