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Altri siti archeologici in Provincia di Chieti

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Altri siti archeologici in Provincia di Chieti - Abruzzo

La provincia di Chieti, ricca di storia e cultura, è una delle aree più affascinanti d'Abruzzo per la presenza di numerosi siti archeologici. Questi luoghi raccontano le antiche civiltà che hanno abitato la regione fin dall'epoca preromana, testimoniando la rilevanza storica e culturale di questa parte d'Italia. Tra le rovine e i resti di antiche città, i siti archeologici di Chieti offrono uno spaccato unico della storia abruzzese e della sua evoluzione nel tempo. Un esempio emblematico è l'antica Teate, l'attuale città di Chieti, che conserva ancora oggi importanti testimonianze della sua epoca romana. Qui, infatti, sono visibili le vestigia del teatro romano, costruito nel I secolo d.C., e di altre strutture pubbliche che rivelano il ruolo centrale che la città ricopriva all'interno dell'Impero Romano. Il museo archeologico di Chieti custodisce numerosi reperti che raccontano la storia di questa antica città e delle sue origini, risalenti a tempi più remoti. A poca distanza da Chieti si trovano altri siti rilevanti, come la città di Lanciano, famosa per il suo passato romano e per il rinvenimento di importanti mosaici e resti architettonici. Un'altra area di interesse è quella di Ortona, dove si possono ammirare resti di insediamenti risalenti a diverse epoche, che vanno dalla preistoria fino al Medioevo. Questi luoghi offrono uno spunto per esplorare le molteplici stratificazioni storiche della regione, che raccontano un passato ricco di cambiamenti e di influssi culturali. La provincia di Chieti ospita anche numerosi siti archeologici preistorici, tra cui grotte e ripari sotto roccia, dove sono stati trovati strumenti di pietra e testimonianze della vita quotidiana dei primi abitanti della regione. Questi siti offrono uno spunto per riflettere sulle origini dell'uomo in Abruzzo e sulle modalità di vita dei primi gruppi umani, che si stabilirono in queste terre millenni fa. In questo contesto, i siti archeologici di Chieti non sono solo luoghi di interesse turistico, ma anche di grande valore scientifico, che continuano a rivelare nuovi segreti sulle civiltà che hanno abitato la provincia nel corso dei secoli.
Sito archeologico di Anxanum a Lanciano (Ch)
Anxanum fu un'antica città del popolo italico dei Frentani, corrispondente all'attuale Lanciano, in provincia di Chieti. La città sorgeva su un contrafforte inclinato in direzione sud-nord, con un'altitudine compresa tra i 250 e i 285 metri sul livello del mare. Il territorio era delimitato dal Fosso Spirito Santo, nei pressi dell'ex convento dei Celestini, e dal Fosso di Santa Apollonia, in contrada San Iorio-Santa Liberata. Il rilievo principale su cui si sviluppava l'insediamento era il Colle Erminio, oggi noto come Lancianovecchio, che culmina in piazza Plebiscito e si estende fino al Piano della Fiera, lungo l'attuale corso Trento e Trieste, per giungere infine al convento di Sant'Antonio, adiacente all'ex convento di Santo Spirito, zona interessata da un'espansione edilizia più recente.
Le origini di Anxanum sono avvolte nella leggenda, alimentata dagli storiografi locali tra i quali Giacomo Fella, Pietro Pollidori, Omobono Bocache e Domenico Romanelli. Sebbene questi autori abbiano spesso romanzato la storia cittadina, attribuendo la fondazione a personaggi mitologici, le loro teorie restano prive di riscontri documentali. Fella e Pollidori ipotizzarono che Anxanum fosse stata fondata da Solimo, compagno di Enea, fuggito da Troia, mentre Pollidori aggiunse la figura di Anxa, fratello di Solimo, come co-fondatore della città nel 1179 a.C. Tali narrazioni, sebbene affascinanti, mancano di basi storiche e risultano smentite dai reperti archeologici, che attestano la presenza umana nella zona sin dal Neolitico, ben prima della fondazione di Roma nel 753 a.C.
Nonostante l'assenza di prove epigrafiche a sostegno delle leggende sulla fondazione, il sito archeologico di Lanciano testimonia una lunga continuità di insediamento. Le evidenze materiali, come frammenti di ceramica e utensili litici, indicano che l'area fu abitata fin dalla preistoria, con un progressivo sviluppo in epoca protostorica e sannitica. La ricchezza delle testimonianze archeologiche, unite alla posizione strategica tra la costa adriatica e l'entroterra appenninico, conferma l'importanza di Anxanum come centro di scambio e crocevia di culture nel territorio frentano.
Sito archeologico di Cluviae a Casoli (Ch)
Cluviae era un'antica città del popolo italico dei Carricini, sorta su un insediamento fortificato preesistente. L'abitato misurava circa 680 metri di lunghezza con un perimetro di 1560 metri, dimensioni che ne attestano l'importanza come municipium romano, superiore a quella di un semplice pagus o vicus. Se paragonata ad altre città antiche come Isernia, con i suoi 870 metri di lunghezza e 2000 di perimetro, o Sulmona, lunga 450 metri con un perimetro di 1500 metri, Cluviae si distingue per la sua estensione, a conferma del ruolo centrale che rivestiva nella regione.
L'odierna collocazione di Cluviae si trova nel territorio di Casoli, in provincia di Chieti, presso la frazione di Piano Laroma. La città è menzionata da Tito Livio, che narra come nel 311 a.C. i Romani avessero inviato delle truppe nei pressi di Cluviae per impedire l'alleanza tra gli Etruschi e i Sanniti, durante le guerre sannitiche. Le forze romane, guidate dal console Gaio Giunio Bruto, subirono diverse sconfitte proprio nei pressi della città, a testimonianza della rilevanza strategica del sito nella regione.
I resti archeologici di Cluviae, il cui sviluppo urbanistico è databile dal I secolo a.C. fino alla metà del secolo successivo, giacciono sepolti in località Piano La Roma di Casoli. Tra le evidenze materiali rinvenute figurano tracce di mura, edifici pubblici e frammenti di ceramica, che confermano la vitalità del centro in epoca romana. L'importanza di Cluviae risiede non solo nelle sue dimensioni, ma anche nella sua funzione di snodo tra le aree interne dell'Abruzzo e le rotte commerciali verso la costa adriatica.
Sito archeologico di Comino a Guardiagrele (Ch)
Comino è una delle 24 frazioni del comune di Guardiagrele, in provincia di Chieti. Il centro abitato affonda le sue origini nell'antica necropoli italica di Cominae, dove in epoca medievale sorse il Castrum Cominae. Questo insediamento fortificato rappresentava un punto strategico nella valle, consolidando la continuità abitativa della zona fin dall'antichità.
La prima menzione documentata del castello risale al 1056, quando Raniero da Cono lo donò al monastero di San Salvatore alla Maiella, che esercitava i diritti di imposizione fiscale sulla chiesa di San Clemente in Badia. Nel 1183, Trasmondo di Chieti confermò il possesso monastico, mentre il feudo era conteso tra il conte Rainaldo da Letto e lo stesso Trasmondo. Il conflitto si risolse con un atto di pace nello stesso anno, siglato presso il castello alla presenza di baroni locali. Successivamente, nel 1238, Federico II confermò la proprietà a Boemondo di Letto, mentre nel 1280 Abamondo di Letto acquisì anche il feudo di Palombaro, ampliando i domini familiari.
Nel corso dei secoli, la famiglia da Letto mantenne il controllo di Comino, seppur con una progressiva frammentazione delle proprietà. Nel 1450, il feudo era suddiviso tra Alberto e Francesco di Letto, con l'ultimo privilegio concesso nel 1497. Il devastante terremoto del 1706 compromise gravemente il borgo, segnando la fine del suo antico splendore e la trasformazione in un piccolo nucleo di case sparse, abitato prevalentemente da contadini.
Sito archeologico di Necropoli del Crocifisso a Pretoro (Ch)
La necropoli del Crocifisso si trova nei pressi di Pretoro, in provincia di Chieti, immersa in un paesaggio montano di grande valore storico e naturalistico. Questo sito archeologico ha rivelato una stratificazione di insediamenti umani risalenti a diverse epoche, testimoniando la lunga continuità abitativa dell'area.
Gli scavi condotti dall'Archeoclub di Pretoro hanno portato alla luce una villa romana risalente al I secolo d.C., con pavimenti decorati da mosaici geometrici e una sala con rivestimenti in cocciopesto, al cui interno è stato rinvenuto un bozzetto votivo. L'indagine archeologica ha inoltre identificato magazzini annessi alla villa, ruderi di abitazioni turistiche e numerose monete risalenti all'epoca di Augusto, a conferma della vitalità economica del sito in epoca romana.
Tra i reperti più significativi figurano un sarcofago in lastroni di pietra con coperchio a doppio spiovente, contenente lo scheletro di un guerriero italico con elmo e corredo bronzeo. Inoltre, sono stati rinvenuti i resti di una capanna neolitica con lo scheletro dell'uomo della Maiella, e una tomba preromana con uno scheletro accompagnato da corredo funebre, sepolto sotto un tumulo di pietre. Questi ritrovamenti offrono uno spaccato prezioso sulle diverse fasi di occupazione del territorio, dall'età del Neolitico fino all'epoca romana.
Sito archeologico di Porcari ad Atessa (Ch)
Porcari è un sito archeologico situato nel comune di Atessa, in provincia di Chieti, lungo un antico tratturo utilizzato per la transumanza. La presenza di reperti archeologici testimonia l'importanza del luogo come area sacra e punto di riferimento per le comunità locali fin dall'epoca italica.
Nel 1977, durante una campagna di scavi, è stata rinvenuta una statuetta in bronzo alta 32 centimetri, nota come "Dio Ignudo di Atessa", raffigurante una divinità maschile. Le successive indagini archeologiche hanno portato alla luce un témenos, ovvero un recinto sacro, all'interno del quale sono emersi i resti di un tempietto in antis con pareti decorate e pavimenti in opus signinum, una tecnica di rivestimento tipica dell'epoca romana.
Gli scavi hanno rivelato anche pavimentazioni disposte a spina di pesce, due basi di colonne e numerosi frammenti di terracotta rosa con decorazioni in vernice nero-bruna. Tra i reperti più significativi figurano un catino decorato con un serpente, una testa di cavallo, manufatti in bronzo e ferro, una moneta e la base di una statua in bronzo. Questi ritrovamenti confermano la funzione cultuale del sito e la sua rilevanza nel contesto religioso e sociale dell'antichità.
Sito archeologico delle Terme di Vasto (Ch)
Le Terme di Vasto, situate nell'antica Histonium, rappresentano il più grande complesso termale della fascia adriatica dell'Italia centro-meridionale, con un'estensione di circa 250 m². Gran parte del sito archeologico resta ancora sepolta sotto la strada Adriatica e la chiesa di Sant'Antonio, lasciando intuire l'imponenza originaria della struttura e il suo ruolo centrale nella vita della città romana.
Gli scavi, avviati dalla Soprintendenza di Chieti dopo la frana del 1956 in via Adriatica, hanno portato alla luce nel 1973-1974 il complesso termale in laterizio, databile al II secolo d.C. Le indagini hanno rivelato ambienti di notevole pregio architettonico, con pavimenti a mosaico e in marmo, testimoniando la raffinatezza e il benessere raggiunti dalla città di Histonium durante l'apogeo imperiale.
Per agevolare i lavori di scavo, venne demolito l'ex convento dei Francescani annesso alla chiesa di Sant'Antonio di Padova. Finora sono emersi tre pavimenti decorati, due a mosaico e uno in marmo, di rara bellezza e in ottimo stato di conservazione. Il complesso, articolato su tre livelli che seguono il declivio naturale del terreno, si estende dalla chiesa di Sant'Antonio fino alla chiesa della Madonna delle Grazie, rappresentando uno degli esempi meglio conservati di architettura termale in Abruzzo.
Sito archeologico di Trebula a Quadri (Ch)
Trebula è un sito archeologico situato nel comune di Quadri, in provincia di Chieti, appartenente alla sottotribù sannita dei Carecini. Il sito si estende su un declivio collinare sotto il campo sportivo, lungo la strada per Pizzoferrato, in via della Pace. Tra i resti archeologici figurano un teatro romano e la chiesa benedettina della Madonna dello Spineto, edificata in epoca medievale sui ruderi di un tempio italico.
L'origine del nome Trebula potrebbe derivare dal toponimo trebe o traebe, con riferimento a costruzioni realizzate in legno, oppure potrebbe indicare un casale. Un'epigrafe di età adrianea, rinvenuta sul sito, testimonia l'esistenza di un vicus di Trebula, che divenne municipio romano dopo la guerra sociale, insieme alle vicine Cluviae e Juvanum. I reperti archeologici, risalenti all'età augustea e al primo periodo imperiale, comprendono resti di un piccolo anfiteatro, di cui è stata riportata alla luce parte dell'arena.
Il tempio italico, probabilmente dedicato a Iuppiter Trebulanus, era orientato da nord a sud e si caratterizzava per un podio ancora visibile. Il lastricato della cella sacra mostra influenze dello stile ellenistico, diffuso dopo il 217 a.C. e durante il II secolo a.C. Le campagne di scavo condotte tra il 1990-91, il 1995 e il 2006-2009 hanno riportato alla luce tratti del recinto sacro in opera poligonale, restituendo un'immagine significativa del santuario e del sistema archeologico Sangro-Aventino, di cui Trebula rappresenta uno dei siti più rilevanti.


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