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Il Parco Nazionale della Majella in Abruzzo - Info Point Regione Abruzzo

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Il Parco Nazionale della Majella in Abruzzo

Info Abruzzo > Ambiente e natura
Indubbiamente questo grande Parco, che comprende anche la bastionata del Morrone e i Monti Pizi, è stato e continua ad essere uno dei più importanti contenitori di fauna selvatica d’Italia e d’Europa. L’ininterrotta presenza dell’uomo sulle sue pendici sin dall’alba dei tempi, testimoniata da giacimenti preistorici che risalgono sino al Paleolitico, costituisce l’essenza stessa, l’identità peculiare del Parco, che è inestricabilmente custode della natura e dell’uomo. Giacimenti paleolitici, grotte e villaggi neolitici, insediamenti delle età dei metalli, città e santuari italici e romani, eremi e luoghi di culto sacri da epoca immemorabile, grotte e iscrizioni di pastori e briganti, capanne a tholos disseminate ovunque tra i campi agricoli e i pascoli d’altura, le sue tonde e boscose pendici, i suoi alti pascoli, i suoi profondi valloni. Il fascino della Majella risiede dunque nel fatto che è sempre stata considerata una montagna sacra, grembo uterino per i suoi abitanti, materna e aborigena sin nel nome, che richiama quella Maja madre delle messi adorata dai suoi primi agricoltori. Sin dall’alba dell’uomo, è stata rifugio e fonte di vita per cacciatori e agricoltori, eremiti e pastori, soldati e briganti, carbonai e cavatori, paesani e viandanti. La gratitudine e il senso ininterrotto di dipendenza materna che ancora oggi gli abruzzesi dimostrano nei suoi confronti sono dunque ben motivati e comprensibili. Istituito nel 1995, il Parco ha una superficie di 74.095 ettari e comprende 39 comuni nelle province di L’Aquila, Chieti e Pescara (Abbateggio, Ateleta, Bolognano, Campo di Giove, Cansano, Caramanico Terme, Civitella Messer Raimondo, Corfinio, Fara San Martino, Gamberale, Guardiagrele, Lama dei Peligni, Lettomanoppello, Lettopalena, Manoppello, Montenerodomo, Pacentro, Palena, Palombaro, Pennapiedimonte, Pescocostanzo, Pettorano sul Gizio, Pizzoferrato, Popoli, Pratola Peligna, Pretoro, Rapino, Rivisondoli, Roccacasale, Roccamorice, Rocca Pia, Roccaraso, Salle, San Valentino in Abruzzo Citeriore, Sant’Eufemia a Majella, Serramonacesca, Sulmona, Taranta Peligna e Tocco da Casauria). L’Ente Parco ha sede a Guardiagrele e uffici a Campo di Giove. Dal punto di vista geomorfologico la Majella si presenta come un poderoso blocco calcareo, gibboso e tondeggiante, profondamente inciso da profondi valloni, culminante nel Monte Amaro ad una altitudine di 2793 metri. La posizione geografica immersa nel Mediterraneo, le caratteristiche altitudinali (almeno trenta cime superano i 2000 metri), la tormentata orogenesi, il rigore e la mutevolezza del clima rendono questa montagna unica nel suo genere e custode di una diversità biologica, fra le più importanti d’Europa, che annovera la presenza di elementi floristici mediterranei, alpini, balcanici, pontici, illirici, pirenaici e artici di grandissimo valore biogeografico, oltre che una fauna fra le più prestigiose, con molte specie rare e preziose. Vivono sulla Majella il lupo, l’orso, il camoscio, la lontra, il capriolo, il cervo. Tra le 130 specie di uccelli spiccano l’aquila reale, il falco pellegrino, il gufo reale, il lanario, l’astore e il piviere tortolino. Le faggete ricoprono i versanti tra i 1000 e i 1800 metri, mentre sui crinali cresce il raro pino mugo, tipico di ambienti nordici. La vegetazione include oltre 1700 specie, numerose delle quali endemiche. La flora e la vegetazione attuale della montagna sono anche il risultato dell’azione umana, che sul massiccio si protrae da millenni, sin dall’invenzione stessa dell’agricoltura, come attestano le numerose pitture rupestri dipinte nei suoi santuari neolitici. Per ricavare campi da coltivare, l’uomo in passato ha distrutto i boschi di quercia e carpino nero che cingevano la montagna alle quote più basse; a quote maggiori, ha invece ridotto la faggeta per allargare i pascoli secondari per gli armenti e – in certi periodi storici – anche per l’agricoltura, che in alcune località della Majella è stata praticata anche a quote molto elevate (1500-1600 m).
Il Parco Nazionale della Majella: natura, storia e spiritualità

Il Parco Nazionale della Majella, istituito nel 1995, si estende per oltre 74.000 ettari tra le province di L’Aquila, Chieti e Pescara e comprende 39 comuni. Conosciuto come la “montagna madre” d’Abruzzo, il massiccio della Majella si presenta come un imponente blocco calcareo inciso da profondi valloni e culminante nel Monte Amaro (2793 m), seconda vetta dell’Appennino. Le sue caratteristiche altitudinali, la posizione mediterranea e la varietà geomorfologica ne fanno un ambiente unico in Europa, custode di una biodiversità straordinaria che accoglie specie vegetali e animali di altissimo valore naturalistico. Qui vivono l’orso bruno marsicano, il lupo, il camoscio, il cervo e oltre 130 specie di uccelli, tra cui aquila reale, falco pellegrino e gufo reale.
La Majella, però, non è soltanto natura: da sempre è anche terra di uomini. Frequentata sin dal Paleolitico, conserva tracce di villaggi neolitici, insediamenti italici e romani, antichi santuari e pitture rupestri. Le sue pendici raccontano millenni di storia fatta di transumanza, agricoltura e vita pastorale. Non a caso, questa montagna è stata considerata sacra fin dall’antichità: un luogo materno e protettivo, rifugio di eremiti, pastori e viandanti. La sua vegetazione testimonia questo rapporto millenario con l’uomo: dalle faggete ai pascoli d’alta quota, fino agli arbusteti di pino mugo, unici in tutto l’Appennino, sopravvissuti grazie alla conformazione impervia e alla progressiva scomparsa della pastorizia intensiva.
Il Parco custodisce anche un immenso patrimonio storico e spirituale. Borghi come Pacentro, Caramanico Terme, Guardiagrele e Pescocostanzo offrono centri storici ricchi di fascino, tra rinascimento, barocco e tradizioni artigianali. Ma sono soprattutto gli eremi e i luoghi di culto a rendere la Majella un centro di spiritualità: dall’abbazia di San Liberatore a Majella agli eremi celestiniani di San Bartolomeo in Legio, Santo Spirito, San Giovanni all’Orfento e Sant’Onofrio, fino al santuario di Ercole Curino e alla chiesa di San Tommaso a Salle. Un itinerario che unisce natura e fede, confermando la Majella come una montagna speciale, dove la bellezza selvaggia del paesaggio incontra la profondità della storia e della cultura abruzzese.
Sin dai tempi più antichi, agricoltori e pastori si sono divisi l’utilizzo delle sassose pendici e degli alti pascoli di questa montagna. Tanto le stagionali attività agricole alle quote relativamente inferiori, quanto quelle pascolive a quelle superiori, hanno comportato un’azione millenaria, continua, ossessiva di spietramento dei fondi, testimoniato dagli innumerevoli cumuli di sassi che costellano con regolarità il suo paesaggio. Questo mare di pietre è all’origine dei lunghi muri a secco a delimitare i campi, dei muri di terrazzamento per strappare più terra coltivabile alla montagna e regolarizzare il profilo dei pendii, e delle centinaia e centinaia di pajare, capanne in pietra a secco con struttura a tholos, tipiche della civiltà edile mediterranea, che pullulano soprattutto sul versante settentrionale della montagna. Le caratteristiche di queste capanne variano in funzione della loro destinazione (agricola o pastorale) e della loro localizzazione. Poco al di fuori dei paesi, vicino alle case, esse svolgono la funzione di stalle-fienili. Più su, nella fascia dei coltivi, prendono dimensioni minori e vengono usate stagionalmente dai contadini come rifugio e deposito per gli attrezzi. Ancora più in alto, al margine fra la fascia delle colture e quella dei pascoli, compaiono infine i complessi agropastorali: grandi masserie stagionali, articolate e spesso primitivamente monumentali, dove si coltiva e si accudisce il gregge che pascola più a monte. Varie capanne (il mungitoio, una o più capanne dormitorio, quella per il deposito dei prodotti) vengono raccordate e conchiuse da un alto muro che delimita lo stazzo, il recinto per il ricovero notturno del gregge, a ricordarci la presenza dei lupi. Ancora più in quota si spingono solo i pastori, che trovano rifugio con le loro greggi nelle numerose grotte e nelle cenge erosive al margine dei valloni. In primavera cominciano ad occupare quelle alle quote più basse, poi man mano che la neve si ritira salgono a quelle più alte. Lo sgrottamento viene chiuso con pietre e pino mugo, sia dove dorme il pastore sia dove stabbiano le pecore. Purtroppo ormai quasi nessuno alleva più in questo modo, ma la testimonianza del passaggio e della presenza di tanti uomini sulle balze di questa montagna è ancora visibile nelle tante iscrizioni incise sulle sue rocce: nomi, date, luoghi di provenienza, a volte qualche frase sgrammaticata, e tante croci, incise da un popolo semplice e pio, abituato a considerare la natura come la più forte e tangibile manifestazione di Dio.
Le capanne in pietra a secco della Majella

Il paesaggio del Parco Nazionale della Majella è segnato da secoli di lavoro umano: agricoltori e pastori, per rendere fertile la montagna, hanno liberato i terreni dai sassi accumulandoli in muretti e terrazzamenti. Da questa millenaria opera di spietramento nascono le tipiche capanne in pietra a secco, conosciute come pajare, con struttura a tholos, che punteggiano soprattutto il versante settentrionale. Queste architetture rurali, espressione della tradizione mediterranea, sono oggi un simbolo della convivenza tra uomo e natura.
Le capanne variavano per forma e dimensione a seconda della loro funzione. Vicino ai centri abitati erano stalle o fienili, mentre nella fascia coltivata diventavano piccoli rifugi stagionali per contadini e attrezzi. Più in alto, al confine tra campi e pascoli, si sviluppavano veri e propri complessi agropastorali: masserie stagionali circondate da alti muri che racchiudevano lo stazzo, il recinto per proteggere il gregge dai lupi. Oltre questa fascia, i pastori trovavano riparo nelle grotte naturali, chiudendo gli ingressi con pietre e rami di pino mugo, seguendo il ritmo delle stagioni e lo scioglimento delle nevi.
Oggi questo mondo arcaico è quasi scomparso, ma le capanne in pietra e le grotte adattate dall’uomo rimangono a testimoniare secoli di vita pastorale. Sulle rocce della Majella resistono anche incisioni lasciate dai pastori: nomi, date, croci e frasi semplici, segni di una devozione autentica e di un rapporto profondo con la montagna, percepita come una manifestazione diretta del divino. Queste tracce rendono la Majella non solo un ambiente naturale unico, ma anche un grande archivio di memoria collettiva.
Il Parco Nazionale della Majella è custode di una quota rilevante dei profumi e sapori della tradizione abruzzese. Innanzitutto, esso ospita una delle capitali della produzione italiana della pasta, Fara San Martino, il borgo ai piedi del versante orientale della Majella dove la presenza delle purissime acque della montagna ha favorito fin dall’Ottocento l’insediamento di una fiorente industria specializzata, che raggiunge oggi con i suoi prodotti i mercati di tutto il mondo. Fra i salumi spicca il salsicciotto di Pennapiedimonte, una salsiccia stagionata a base di carne magra di maiale, ricoperta con una pastella di sale e grasso di maiale aromatizzata con pepe nero macinato ed un trito di erbe aromatiche locali (timo, ginepro, rosmarino, alloro, erba cipollina, peperoncino piccante, finocchio e salvia). Fra i formaggi da non perdere il pecorino, prodotto in molte località montane del Parco, e il magnifico caciocavallo degli Altipiani Maggiori, che in questa enclave di alta tradizione zootecnica viene prodotto col delicato e profumatissimo latte crudo dei bovini locali, che pascolano liberi sulle sterminate praterie montane dei comuni di Pescocostanzo, Rivisondoli, Roccaraso, Rocca Pia e Palena. Fra i pani (ogni paese, ogni forno ha la sua ricetta e il suo lievito madre), generalmente corposi e durevoli, realizzati con farine dei grani locali, si distingue per straordinaria ricchezza il pane nobile di Guardiagrele, la cui ricetta (a base di una complessa miscela di farine 00, integrale, di mais, avena, orzo, miglio e segale, con semi di sesamo, olio extravergine di oliva, formaggio, acqua, sale, lievito madre e una piccola quantità di lievito di birra) affonda le radici nel Medioevo. La sua caratteristica risiede nella ricca sostanziosità e nella lunga capacità di conservazione, arricchite dal caratteristico profumo speziato. I dolci sono numerosi e particolari: innanzitutto i famosissimi confetti di Sulmona, con l’anima di mandorla intera e ricoperti da strati di zucchero. Tipici anche nelle coloratissime e creative confezioni, spesso veri e propri “trionfi floreali”, elaborati e complessi. C’è poi la delicatissima sfogliatella di Lama dei Peligni, che ha una forma ovale e si squama in innumerevoli sfoglie che avvolgono la squisita farcitura, fatta con marmellata d'uva e di amarena, mosto cotto, noci e cacao. Altro dolce particolare sono le “sise delle monache”, dalla tipica e allusiva forma a tre ciuffi (che ricordano appunto dei seni) accostati a triangolo, dette anche “tre monti”, per i puritani che non apprezzano lo straordinario humour del primo nome. Tipico di Guardiagrele, il dolce è costituito da due alti strati di soffice Pan di Spagna farciti con crema pasticciera. Tra le altre specialità dolciarie vale la pena citare i caratteristici pasticci di Rapino, dolci da forno tradizionalmente serviti durante le cerimonie e le feste, dalla forma simile a una tartelletta e ripieni di un composto cremoso a base di latte, cioccolato fondente, limone e di un trito di mandorle tostate e cannella in polvere. Tra i liquori, è in assoluto la Centerbe di Tocco Casauria ad occupare un posto di primo piano per personalità e originalità. Prodotto dall’inconfondibile colore verde smeraldo e dall’alta gradazione alcolica (oltre 70°!), ha un intenso profumo di erbe che, raccolte nel circondario, arrivano ancora fresche in fabbrica dove vengono lasciate essiccare e mondate affinché restino solo le foglioline. La ricetta ha origini antichissime ed è ancora oggi gelosamente custodita dalla sola famiglia che produce questo particolare liquore.
I sapori autentici del Parco Nazionale della Majella

Il Parco Nazionale della Majella custodisce un patrimonio enogastronomico di grande valore, che affonda le radici nelle tradizioni contadine e pastorali abruzzesi. Tra i luoghi simbolo spicca Fara San Martino, considerata la capitale della pasta italiana: qui, grazie alla purezza delle acque della montagna, fin dall’Ottocento sono nate aziende che hanno reso celebre la pasta abruzzese nel mondo. Tra i salumi tipici si distingue il salsicciotto di Pennapiedimonte, aromatizzato con erbe locali come ginepro, rosmarino e timo. I formaggi raccontano invece la lunga storia della pastorizia: dal pecorino prodotto nelle aree montane, al rinomato caciocavallo degli Altipiani Maggiori, ottenuto con il latte crudo e profumato dei bovini allevati al pascolo libero.
La tradizione del pane è altrettanto ricca e varia, con ricette che cambiano da paese a paese. Tra tutte spicca il pane nobile di Guardiagrele, un impasto complesso che unisce diverse farine, semi e olio extravergine di oliva, frutto di una tradizione medievale che conferisce al prodotto un aroma speziato e una lunga conservazione. Anche la pasticceria tipica esprime l’anima della Majella: dai celebri confetti di Sulmona, trasformati in vere e proprie composizioni floreali, alla raffinata sfogliatella di Lama dei Peligni con il suo ripieno di mosto cotto, noci e cacao. Non mancano dolci unici come le “sise delle monache” di Guardiagrele, soffici strati di Pan di Spagna con crema pasticciera dalla caratteristica forma a tre monticelli, e i pasticci di Rapino, piccole tartellette farcite con creme aromatiche a base di cioccolato, limone e mandorle tostate.
Accanto a pane e dolci, anche i liquori raccontano il legame profondo tra territorio e tradizione. Su tutti spicca la Centerbe di Tocco da Casauria, un distillato di erbe raccolte sulle pendici della Majella, dal caratteristico colore verde smeraldo e dall’alta gradazione alcolica. La sua ricetta, antichissima e custodita da generazioni, rende questo liquore un simbolo della forza e dell’identità della montagna. Così, tra sapori robusti e dolci raffinati, il Parco della Majella si presenta come un vero scrigno gastronomico, capace di unire storia, natura e cultura in un’unica esperienza di gusto.
Il territorio del Parco è ideale per una vacanza attiva a contatto con la natura. Le grandi dimensioni e la forma gibbosa e tondeggiante del massiccio, l’assenza di vette rocciose da scalare e i numerosissimi sentieri che la attraversano, fanno della Majella il regno dei camminatori di montagna: consentono escursioni di ogni tipo, dalle comode passeggiate alle ascensioni più difficili. In particolare, il circuito dell’Alta Via della Majella è di straordinaria suggestione; non bisogna tuttavia sottovalutare le dimensioni dell’area sommitale della montagna, che sono enormi e rendono dunque lunghe e impegnative sia le ascensioni alle vette che le traversate. Sempre per le medesime caratteristiche, tutto quel che sulla Majella si può percorrere a piedi, può essere fatto in mountain bike: i percorsi sono infiniti, e ai sentieri escursionistici si sommano le centinaia di chilometri di carrarecce, mulattiere, strade agricole e forestali, sterrati, antichi tracciati, che tramano come una finissima ragnatela l’intera superficie del grande massiccio, da sempre abitato e percorso dall’uomo. Fra le escursioni guidate, da non perdere quella al selvaggio e splendido vallone dell’Orfento, con i suoi spettacolari eremi celestiniani, con partenza da Caramanico. Il gran numero e l’eccellente conoscenza del territorio di guide alpine e accompagnatori di media montagna attivi nel Parco rende inoltre possibile ogni tipo di escursione, in assoluta sicurezza. Notevoli pure le attività di escursionismo e trekking a cavallo, per gli appassionati dell’equitazione di campagna; soprattutto sul versante meridionale, dove i rilievi montani si affacciano sugli enormi spazi degli Altipiani Maggiori d’Abruzzo, con i piani delle Cinquemiglia, di Roccaraso, di Rivisondoli, di Pescocostanzo, di Palena, dell’Aremogna. Agli appassionati di arrampicata sportiva è dedicata una eccellente palestra di roccia ad Abbateggio-Roccamorice, mentre l’alto corso dell’Aventino permette torrentismo e canoa. Nel periodo invernale l’offerta diviene di eccellenza per quanto riguarda sia la discesa, sia il fondo. Nel Parco sono infatti collocate numerose importanti stazioni sciistiche: il Comprensorio sciistico dell’Alto Sangro, Pizzoferrato e Gamberale, Passolanciano-La Majelletta, Campo di Giove, Pacentro-Passo San Leonardo. Fra tutte, spicca il Comprensorio sciistico dell’Alto Sangro, al margine meridionale del Parco, il più vasto dell’Italia centromeridionale e settimo a livello nazionale per quantità e qualità complessiva delle piste e dei servizi. Il comprensorio comprende i comuni di Roccaraso, con i suoi eleganti negozi e i maggiori impianti sportivi, Rivisondoli, bel borgo antico famoso per il suo Presepe Vivente, e Pescocostanzo, col suo straordinario centro storico e gli splendidi monumenti rinascimentali e barocchi. Il fondo ha teatri elettivi di esercizio: la splendida cornice del bosco di Sant’Antonio e l’alto pianoro dell’Aremogna.
Sport e attività nel Parco Nazionale della Majella

Il Parco Nazionale della Majella è una meta ideale per chi desidera vivere una vacanza attiva immersa nella natura. La conformazione del massiccio, priva di vette rocciose da scalare ma ricca di sentieri e ampi altopiani, rende la Majella il regno degli escursionisti. Dai percorsi semplici alle traversate più impegnative, ogni camminatore trova la sua esperienza ideale, con l’Alta Via della Majella che regala panorami spettacolari e indimenticabili. Oltre al trekking, i sentieri del Parco si aprono anche agli amanti della mountain bike, che possono contare su centinaia di chilometri di mulattiere, carrarecce e tracciati antichi, trasformando l’intera montagna in una palestra a cielo aperto.
Accanto ai percorsi naturalistici, numerose attività guidate consentono di scoprire i luoghi più suggestivi. Tra le esperienze imperdibili c’è l’escursione al vallone dell’Orfento, un canyon selvaggio che custodisce gli eremi celestiniani, con partenza da Caramanico Terme. In Abruzzo, le guide alpine e accompagnatori di media montagna garantiscono la possibilità di praticare ogni tipo di escursione in totale sicurezza. Per chi ama l’equitazione, il versante meridionale del Parco offre emozionanti trekking a cavallo, con viste mozzafiato sugli Altipiani Maggiori d’Abruzzo e sugli ampi piani di Roccaraso, Rivisondoli, Pescocostanzo e Palena. Non mancano le opportunità per gli sport outdoor più dinamici: arrampicata ad Abbateggio-Roccamorice, torrentismo e canoa lungo l’alto corso dell’Aventino.
In inverno, la Majella si trasforma in una delle mete sciistiche più rinomate dell’Italia centrale. Il Comprensorio sciistico dell’Alto Sangro, il più grande del Centro-Sud e settimo a livello nazionale, offre piste e servizi di qualità nei comuni di Roccaraso-Rivisondoli e Pescocostanzo, unendo sport e tradizione tra centri storici e paesaggi montani unici. A completare l’offerta invernale ci sono le località di Passolanciano-La Majelletta, Campo di Giove, Pizzoferrato-Gamberale, perfette per lo sci alpino e di fondo. Quest’ultimo trova i suoi scenari più affascinanti nel Bosco di Sant’Antonio e sull’altopiano dell’Aremogna, regalando agli appassionati giornate indimenticabili tra natura incontaminata e sport.
 
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L’Abruzzo in tutte le stagioni
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Vacanze al mare in Abruzzo
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