Tradizioni popolari in Provincia di Teramo: Santa Colomba a Isola del Gran Sasso d’Italia (Te)
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Le Tradizioni popolari e il Folklore in Provincia di Teramo - Abruzzo

Il culto di Santa Colomba a Isola del Gran Sasso d'Italia (TE) ha origini antiche e affonda le sue radici nella tradizione religiosa locale. Secondo gli studiosi, la chiesa dedicata alla santa fu consacrata dal vescovo di Penne, Sant'Anastasio, nel 1219, su iniziativa di suo fratello, San Berardo. Documenti storici attestano l'esistenza della chiesa già nel 1328, quando essa versava una decima di "carlenum unum et gr. duo". Nel 1647, il sacerdote Tattoni di Isola del Gran Sasso restaurò il luogo di culto, che in quel periodo era affidato a fra’ Giovanni, un eremita.
L’eremo di Santa Colomba si raggiunge percorrendo un sentiero che parte da Pretara, frazione di Isola del Gran Sasso, e attraversa un suggestivo bosco. Dopo circa un’ora di cammino, si giunge alla chiesetta, situata a 1234 metri d’altitudine, ai piedi del monte Infornace. L’edificio sacro, di dimensioni modeste, è caratterizzato da un campanile a vela e da tre piccole finestre che si affacciano sulla valle. L'interno ha una volta a botte ed è decorato con tonalità vivaci: giallo per le nicchie, verde tenue per le pareti e celeste per la volta. Sull’altare, all’interno di un’edicola in legno, si trova la statua di Santa Colomba, mentre accanto vi è una piccola apertura quadrangolare che un tempo custodiva le reliquie della santa.
Ogni anno, il 1° settembre, numerosi pellegrini provenienti da Pretara e dai paesi limitrofi si recano alla chiesa per celebrare la festa della santa. La messa viene officiata all'aperto per la mancanza di spazio all'interno dell’eremo. Al termine della celebrazione, la statua di Santa Colomba viene portata in processione fino a un poggio vicino, dove è collocata una croce. Questo momento è particolarmente suggestivo: il corteo, variopinto e festoso, si snoda lungo il sentiero tra canti e preghiere, mentre i pellegrini portano con sé mazzi di fiori e ramoscelli di abete, seguendo un’antica usanza.
Numerose leggende legate alla santa arricchiscono la tradizione locale. Lungo il sentiero che conduce all’eremo si trova un grosso masso sul quale, secondo la tradizione, Santa Colomba impresse la forma della sua mano. Un’altra leggenda riguarda il cosiddetto “pettine di Santa Colomba”: si racconta che la santa, pettinandosi, abbia appoggiato il pettine su una roccia, lasciandovi un’impronta ancora oggi visibile su un lastrone della montagna. Prima di ridiscendere dall’eremo, i pellegrini si concedono momenti di festa con canti e brindisi, mantenendo viva una tradizione che si tramanda da generazioni.
L’eremo di Santa Colomba, insieme ad altri luoghi di culto del versante orientale del Gran Sasso, deve la sua conservazione all’opera di fra’ Nicola Torretta, un eremita laico vissuto nell’Ottocento. Nato a Picciano nel 1803, fra’ Nicola abbracciò una vita di solitudine e penitenza dopo essere rimasto profondamente colpito dalla predicazione dei missionari dell’Arciconfraternita del Preziosissimo Sangue di Gesù Cristo. Respinto dai Cappuccini a causa di una sordità parziale, si dedicò al restauro di vari eremi, tra cui quello di Santa Colomba, lasciando un segno indelebile nella storia religiosa e culturale della regione.


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