Grotte nella Regione Abruzzo: Grotta dell'Eremita
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La Grotta dell’Eremita si apre sul versante nord-est del Vallone di Angri, a un’altitudine di circa 1217 metri. La prima esplorazione documentata risale al 1927, grazie ad alcuni soci del CAI di Teramo. Tuttavia, solo nel 1968 un gruppo di appassionati speleologi riuscì a ritrovarla, spinto dal racconto di un'anziana signora di Farindola. La donna, all’epoca ottantaseienne, ricordava di aver scoperto la grotta in gioventù mentre cercava una capretta del suo gregge. L’animale si era rifugiato nella cavità, attratto dalla presenza di acqua derivante dal copioso stillicidio e da una probabile sorgente interna. La signora descrisse la grotta come ricca di formazioni naturali che ricordavano “mortai” e “candelabri”. Quando gli esploratori giunsero alla grotta, si trovarono di fronte a stalagmiti con vaschette simili a mortai per il sale e a stalattiti che evocavano candelabri. Purtroppo, nei primi anni dopo la riscoperta, l’attività di predatori di concrezioni ne ha privato la grotta di molte delle sue spettacolari formazioni. Per proteggere il sito, nei primi anni Settanta venne installata una rete e una porta d’ingresso, oggi non più in uso.
Attualmente, l’accesso alla grotta è stato reso più agevole grazie a un sentiero che permette di raggiungerla senza difficili arrampicate. Il nome della grotta deriva da una leggenda secondo cui un eremita avrebbe vissuto al suo interno, sebbene non vi siano prove storiche che confermino questa narrazione. Un altro racconto popolare narra che l’eremita, nel giorno in cui lasciò l’eremo, lanciò il suo bastone verso i Merletti di Villa Celiera. Nel punto esatto in cui il bastone toccò terra, nacque un giglio che, secondo la tradizione, continua a fiorire ogni anno nello stesso luogo e nello stesso periodo. La suggestione del sito è accresciuta dall’ampio ingresso della grotta, che lascia intravedere un primo ambiente caratterizzato da concrezioni ormai scurite, ricoperte da muschi e licheni a causa dell’esposizione agli agenti atmosferici.
All’interno, la grotta si sviluppa in ambienti più profondi, caratterizzati da straordinarie formazioni di calcite candida e levigata. Dal soffitto pendono stalattiti di varie forme, alcune delle quali presentano curiose aperture centrali. Le concrezioni sono generalmente di consistenza morbida e delicata, e durante il periodo dello scioglimento delle nevi il fenomeno dello stillicidio si intensifica, riempiendo le piccole vasche delle stalagmiti di acqua cristallina. In alcune di esse si possono trovare pisoliti, dette anche perle di grotta. Queste piccole ampolle d’acqua rappresentano una preziosa fonte di ristoro per piccoli animali, soprattutto nei mesi più caldi. La grotta ospita inoltre colonie di pipistrelli che vi si rifugiano per il letargo invernale, oltre a numerosi anfibi e rettili che cercano riparo dal caldo estivo. Tra la fauna tipica degli ambienti ipogei si segnala la presenza dell’insetto Dolichodopa geniculata.
La grotta si sviluppa prevalentemente in orizzontale, rendendola accessibile a piccoli gruppi e famiglie, sebbene l’ultimo tratto del sentiero presenti passaggi su roccette che richiedono esperienza escursionistica. Per preservare le delicate formazioni calcaree, è fondamentale indossare guanti durante la visita, evitando il contatto diretto con le concrezioni per non alterarne la crescita. Nei mesi invernali, la grotta resta isolata e di difficile accesso, mentre nei periodi primaverile e autunnale è visitabile in condizioni meteo favorevoli. Il periodo estivo è il più indicato per le escursioni. È vietato asportare o danneggiare le concrezioni, garantendo così la conservazione di questo straordinario ambiente naturale per le future generazioni.


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