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Museo delle Ceramiche di Castelli – Castelli (Te) - Info Point Regione Abruzzo

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Museo delle Ceramiche di Castelli – Castelli (Te)

Le meraviglie > Musei d'Abruzzo > Musei nel teramano
I principali Musei, Mostre, Pinacoteche e Raccolte nella Provincia di Teramo in Abruzzo

Nel cuore del borgo di Castelli, ai piedi del Gran Sasso d’Italia, sorge il Museo delle Ceramiche, autentico custode di una delle tradizioni artistiche più celebri dell’Abruzzo. Il museo ha sede nell’ex convento francescano risalente al XVI secolo, un edificio che, nel corso del tempo, ha ospitato l’Istituto Statale d’Arte “F.A. Grue” e che oggi accoglie una ricca collezione di maioliche e ceramiche che raccontano oltre sei secoli di storia, creatività e maestria artigiana. Fondato nel 1984, il museo nasce con l’obiettivo di preservare e valorizzare la grande tradizione ceramica castellana, famosa in Europa sin dal Rinascimento. Il percorso espositivo si snoda tra ambienti suggestivi, come il chiostro rinascimentale affrescato e gli spazi che ricostruiscono fedelmente un’antica bottega ceramica, completa di strumenti originali e di un raro forno per la cottura. Salendo al piano superiore, il visitatore può ammirare opere che spaziano dal Quattrocento all’Ottocento, realizzate da celebri maestri come Orazio Pompei, Francesco Grue e i membri delle famiglie Gentili e Cappelletti. Ogni manufatto esposto è una testimonianza preziosa dello stile istoriato che ha reso Castelli un centro d’eccellenza nella produzione ceramica. Nel corso degli anni, il museo ha saputo ampliare e arricchire il proprio patrimonio, anche grazie a prestiti internazionali e importanti mostre temporanee che hanno contribuito a diffondere il nome di Castelli nel mondo. Memorabile è stata l’esposizione del 2007 che ha riportato in Italia, dopo secoli, opere provenienti dal celebre Museo Ermitage di San Pietroburgo. A completare il percorso museale vi è una sezione archeologica con reperti provenienti dal bacino del Mediterraneo, che illustra l’evoluzione delle tecniche ceramiche nel tempo. Dal 2008, il museo ospita anche una collezione permanente dedicata ad Aligi Sassu, grande artista del Novecento, donata dal gallerista Alfredo Paglione. Le opere di Sassu, realizzate con la tecnica del “gran fuoco”, costituiscono un ponte tra la tradizione antica e l’arte contemporanea, confermando il museo come spazio vitale e in continua evoluzione. Oggi il Museo delle Ceramiche di Castelli rappresenta non solo un punto di riferimento per studiosi e appassionati, ma anche una tappa imprescindibile per chi desidera scoprire l’anima più autentica dell’Abruzzo, fatta di arte, memoria e bellezza senza tempo.Musei e Mostre in Abruzzo:
Museo delle Ceramiche di Castelli – Castelli (Te). Il museo è stato istituito con legge regionale del 24 gennaio del 1984, per promuovere la cultura e l’arte della maiolica, per salvaguardare la storia e le tradizioni locali, per garantire la conservazione e l’esposizione delle opere che testimoniano le produzioni ceramiche castellane succedutesi nei secoli e quelli degli altri centri di analoga, antica tradizione. L’edificio museale è ospitato nell’antico convento francescano dell’ordine dei minori osservanti risalente alla metà del Cinquecento. Il convento ha operato fino al 1866 dopo fu adibito a deposito e, nel 1905 ha ospitato la prima sede dell’Istituto statale d’Arte F.A.Grue per, divenire definitivamente Museo nel 1984. Per una migliore fruizione da parte dei visitatori l’edificio è stato strutturato in due piani: al piano terra si può osservare il chiostro rinascimentale circondato da un ciclo d’affreschi datato 1712 che ne ricopre le pareti, eseguito su commissione di famiglie e di istituzioni civili e religiose, che riporta alla pittura barocca. L’opera illustra su 21 lunettoni episodi della vita di Maria, ed ogni lunetta è intercalata da medaglioni raffiguranti volti di Santi e Beate che hanno dedicato la loro vita all’opera religiosa. Il percorso si svolge poi, visitando sale in cui è stata ricostruita una vecchia bottega artigiana per far capire il lavoro manuale e faticoso che si svolgeva per realizzare ogni singola opera: è possibile vedere le vecchie vasche della decantazione dell’argilla, la frantumazione e la realizzazione dell’argilla malleabile, poi ancora le varie tecniche di foggiatura, smaltatura e decorazione dell’oggetto e, infine la riproduzione dell’antico forno per la cottura del manufatto in ceramica chiamato “Forno a respiro”. Il primo piano invece ospita in ordine cronologico le opere dal 1400 al 1900; documenta l’evoluzione delle manifatture castellane dal Medioevo attraverso il Cinquecento, il Compendiario e l’Istoriato Castellano, con opere dei maggiori esponenti di questo lungo percorso artistico che ha reso famoso il nome di Castelli. Sono esposti anche reperti archeologici di matrice prevalentemente apula, corinzia, attica, dauna, etrusca e romana, non provenienti dal territorio di Castelli, che consentono di comprendere meglio l’evoluzione delle tecniche ceramiche. Il nucleo originario delle collezioni appartiene alla “Raccolta civica”, promosso da Giancarlo Polidori negli anni 1930-1940, quando era direttore della Scuola d’arte, via via arricchito da importanti depositi di enti pubblici (regione Abruzzo e Museo nazionale d’Abruzzo) e di collezionisti privati (Fuschi e Nardini) e dalle acquisizioni effettuate periodicamente, grazie anche alle donazioni di generosi estimatori. Nella prima sala sono esposti frammenti di scavi raccolti sul territorio castellano e una piccola testimonianza di piastrelle da pavimento e da rivestimento di epoche diverse. Nella seconda sala sono esposti due piatti medioevali di ceramica ingobbiata graffita recuperati nella grotta di Sant’Angelo, in provincia di Teramo e un boccale frammentato appartenente alle produzioni della prima metà del ‘500. Essa è dominata dai circa 200 mattoni provenienti dalla primitiva “cona cinquecentesca” di San Donato e si possono ammirare solo presso il museo di Castelli, e che sono messi a diretto raffronto con i due vasi farmaceutici della tipologia Orsini-Colonna, posseduti dal Museo, a testimonianza delle analogie stilistiche che hanno consentito, negli anni ottanta del secolo scorso, di attribuire alle manifatture della bottega Pompei questa importantissima produzione cinquecentesca. Si tratta di un corredo farmaceutico la cui produzione era assegnata di volta in volta, ai più noti centri italiani di produzione ceramica fino a quando non furono reperiti frammenti di scavo nella discarica della fabbrica dei Pompei che misero termine alla disputa. I vasi superstiti sono oggetto di un ricercato collezionismo fin dall’ottocento e sono presenti in tutti i più importanti musei del mondo: Louvre, British, Metropolitan, Ermitage, Bargello, Palazzo Venezia, Floridiana, per citarne alcuni. Nella stessa sala è esposta, inoltre, la Madonna che allatta il Bambino, di Orazio Pompei che reca la datazione più antica della ceramica castellana (1551) rubata negli anni 70 dalla sala consigliare del Comune di Castelli dove era esposta, ritrovata sul mercato antiquario dal nucleo di tutela del patrimonio artistico, all’inizio degli anni ’90, purtroppo rotta e manomessa in modo irreversibile, e di recente restaurata, per riportarla al primitivo splendore (la data, purtroppo, è stata modificata in 1550). Il periodo a cavallo fra il cinquecento ed il seicento, in cui domina lo stile compendiario- una pittura semplice di sintesi come denuncia lo stesso nome, nei toni languidi del giallo, dell’arancio, del verde e del blu, della tavolozza castellana non ancora arricchita dal bruno di manganese- è documentato da un pannello, che ricompone un campione del soffitto seicentesco di San Donato (1615-1617), ancora in sito, realizzato con i mattoni non ricollocati sul soffitto dopo il restauro del 1969-70, dai mattoni incompleti già appartenuti al soffitto stesso dal Paliotto di Colledoro e dal Panello con l’Arcangelo Gabriele da una serie di piatti da pompa, che venivano utilizzati per ornare le case nobiliari, da contenitori farmaceutici e targhe devozionali.  La quarta a la quinta sala contengono una significativa documentazione dell’istoriato castellano con una serie di opere di pittori appartenuti alle varie dinastie di maiolicari: i Grue, i Gentilii, i Cappelletti, ed i Fuina, che dal ‘600 all’ 800 hanno mantenuto alto il prestigio delle produzioni ceramiche castellani. Nel corridoio intorno al chiostro è esposta una selezione degli “spolveri” settecenteschi provenienti dalle fabbriche dei Gentilii- sono disegni su carta bucherellati per trasportare il disegno sul supporto ceramico troppo tenero per sopportare il segno della matita-, e un deposito a vista con materiale non incluso nel percorso ordinario.  Al piano terra si possono ammirare trenta opere donate dal Maestro Giorgio Saturni, che per tanti anni, è stato docente dell’Istituto d’Arte di Castelli, prima di andare a dirigere gli Istituti di Isernia e Chieti. In un percorso che ricompone una vecchia bottega maiolicale con i diversi cicli lavorativi della produzione della creta e degli smalti, della foggiatura, della smaltatura e della pittura, sono esposti anche strumenti per la lavorazione della ceramica provenienti dalle antiche botteghe e un modello del forno a respiro, di invenzione castellana. Il Museo persegue il duplice obiettivo di ampliare le collezioni con opere di qualità per quanto attiene ai periodi di maggiore splendore e di arricchire le testimonianze ottocentesche, soprattutto quelle a carattere popolare, che fino ad oggi hanno avuto scarsa attenzione. Analogo interesse è rivolto anche alle produzioni del secolo scorso, quando anche grazie all’azione dell’Istituto Statale d’Arte per la ceramica, si è assistito ad un rifiorire delle attività artistiche ed economiche. In questa logica sono stati recentemente acquistati un importante vaso farmaceutico della fabbrica di Gesualdo Fuina (1755-1813), secondo studi recenti di Michele De Dominiciis (1781-1861) e un servizio in porcellana prodotto a Castelli dalla SIMAC agli inizi degli anni ’30 del secolo scorso. Castelli è stato per secoli all’avanguardia delle produzioni ceramiche per la capacità di seguire l’evoluzione delle tendenze artistiche e del gusto, garantendo, nello stesso tempo l’introduzione di produzioni innovative e di tecniche di produzione più aggiornate. Il Museo, nell’intento di mantenere viva l’attenzione degli operatori non solo verso l’antica tradizione ma anche alle manifestazioni più avanzate dell’arte contemporanea, ha organizzato in questi ultimi anni, a cura di Antonello Rubini, numerose mostre personali (Artias, Marotta, Sciannella, Mingotti, Birotti; Fieschi e Pulsoni) ed una collettiva (Carrino, Cascella, Di Fede, Ligi, Nannicola, Palasti, Palmieri, Santoro, Sciannella, Tito, Visca) di artisti contemporanei chiamati, spesso, a realizzare le loro opere nei laboratori artigiani di Castelli. Nello stesso tempo ha continuato a farsi promotore, come è suo compito, della valorizzazione e della diffusione della secolare tradizione e del grande patrimonio culturale che Castelli rappresenta per l’Abruzzo intero. Sono state, così realizzate negli anni 2003 e 2004, con il pieno appoggio dell’Amministrazione comunale di Castelli e con la determinante partecipazione rispettivamente di un apposito comitato, costituitosi a Teramo con gli auspici del Comune e del Museo, e del Museo delle Genti d’Abruzzo e di Pescara, le mostre L’Antica Ceramica da Farmacia di Castelli, una rassegna delle produzioni di contenitori farmaceutici dal Cinquecento all’Ottocento e La straordinaria Fucina dell’Arte, una mostra antologica delle produzioni castellane dal Rinascimento al Neoclassicismo, che sono state ospitate a Teramo, a Pescara, ed a Roma a Palazzo Venezia, oltre che a Castelli. Nel 2007 è stata inaugurata ,il 31 maggio, presso il Museo Nazionale di Palazzo Venezia a Roma, la prima delle tre tappe italiane della mostra “Le maioliche di Castelli - Capolavori d’Abruzzo dalle collezioni dell’Ermitage”. Per oltre un mese a Roma, e successivamente a Castelli ed a Teramo, sono stati esposti i manufatti dei più eminenti maestri di Castelli, quali Pompeo di Bernamonte, Orazio Pompei, Francesco e Carlantonio Grue, Nicola Cappelletti e Carmine Gentile, in rappresentanza dei principali stili pittorici adottati a Castelli tra il XVI ed il XVIII secolo. E’ stata la prima volta che i capolavori della maiolica di Castelli, usciti dall’Italia a varie riprese ed in diverse occasioni negli anni d’oro del collezionismo sovietico compresi tra la fine del 1700, tutto il 1800 fino ai primi anni del ‘900, hanno fatto ritorno in patria con l’occasione di una grande mostra. Uno degli obiettivi dell’ esposizione è stato quello di documentare in maniera unitaria e corretta l’intricata e fino ad ora mai indagata storia della dispersione di tali manufatti artistici, dall’altra aggiornare e correlare criticamente la grande quantità di contributi scientifici prodotti dalla storiografia nazionale ed internazionale sulla ceramica di Castelli nel corso di questi ultimi decenni. E’ noto che la collezione d’arte italiana dello storico museo sovietico è estremamente cospicua e consistente; la sua formazione è avvenuta gradualmente e si fonde indissolubilmente con la storia della nascita dell’Ermitage come museo. I reperti “più antichi”, acquisiti cioè agli esordi delle storiche collezioni sanpietroburghesi, risalgono al XVIII secolo ed alla metà del XIX, quando l’Ermitage non era ancora un museo pubblico; una gran quantità di oggetti d’arte, proveniente dai più svariati paesi europei come ricca testimonianza della migliore produzione artistica di ogni tempo dei singoli contesti, pervenivano al Palazzo d’Inverno e nelle altre residenze dello Zar con l’obiettivo di decorare e di impreziosire quelle sedi con quanto di meglio esisteva in Italia, in Francia, in Germania e in Olanda. La selezione delle ceramiche di Castelli si qualifica dunque, all’interno delle collezioni imperiali russe, come testimonianza estremamente esemplificativa di un fenomeno antiquariale collegato all’espandersi di un gusto estetico sofisticato ed esigente che ha dato vita ad una gloriosa stagione di acquisti di importanti collezioni o di singoli pezzi di maioliche finalizzati alla creazione di una prestigiosa collezione d’arte.”La mostra organizzata dalla Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Romano, Museo Nazionale del Palazzo di Venezia e Comitato Promotore delle Mostre dell’Antica Ceramica di Castelli - raccoglie 77 opere d’arte: vasi, piatti, albarelli, mattonelle, coppe, brocche e salsiere, tutte di straordinaria fattura. Dal luglio 2008 la collezione del museo si è arricchita grazie alla donazione di 200 opere donate dal Dott. Alfredo paglione del grande artista futurista Aligi Sassu. Opere in ceramica, bronzo, sculture, litografie che ricostruiscono la storia di questo grande artista che ha sempre manifestato il desiderio di realizzare opere nel paese di Castelli e quindi da sempre affascinato da questo piccolo borgo che racchiude una storia così importante. “Il gran fuoco di Aligi Sassu”, questo è il nome della mostra, è la celebrazione dell’opera di un grande maestro della ceramica italiana che trova a Castelli un luogo degno e di grande respiro. Duecento opere in ceramica di indubbio valore e grande prestigio, arricchiscono il patrimonio e la collezione del Museo delle Ceramiche, connotando ancor più la prestigiosa istituzione per il carattere di unicità alle ceramiche appartenenti alla tradizione artistica di Castelli. Questa donazione che documenta l’attività nel campo della ceramica di Aligi Sassu, costituisce un evento di grande rilievo non solo per Castelli, ma per l’Abruzzo intero, che vede così incrementata il suo patrimonio culturale con espressioni artistiche di uno dei maestri più significativi del Novecento. Essa si affianca alle generose donazioni ed ai comodati che il Dr. Alfredo Paglione e la sua compagna Teresita Olivares hanno effettuato a favore di numerosi musei abruzzesi, dal MAS di Giulianova, il Museo di Palazzo d’Alvalos di Vasto, Museo Barbella di Chieti, il museo Colonna di Pescara. Paglione, infatti, nella sua lunga attività di gallerista ed organizzatore di mostre ha raccolto un gran numero di dipinti, sculture ed opere grafiche, che, nel novello mecenate non riserva al suo personale godimento ma vuole condividere con il grande pubblico nella amata terra d’Abruzzo, sua tterra d’origine per promuovere l’idea della bellezza che è stata alla base della sua attività. Il maestro Aligi Sassu, in una visita al paese di Castelli aveva manifestato il desiderio di potervi realizzare delle opere; il desiderio non si è potuto realizzare nella forma auspicata ma, ha trovato certamente un modo diverso per materializzarsi attraverso la realizzazione di questa esposizione permanente assai significativa per il numero e la qualità delle opere. D’altra parte l’approccio di questa collezione a castelli sembra il più consono nell’ambito abruzzese per l’importanza di questo centro di antica tradizione ceramica, in grado anche di garantire un adeguato spazio espositivo negli ambienti del Museo recentemente ristrutturato. La donazione si colloca a coronamento di una intensa attività del museo e della politica condotta in questi anni per arricchire le collezioni anche con la documentazione delle espressioni artistiche contemporanee. Museo delle Ceramiche di Castelli – Castelli (Te)
Piazza Roma, 13 - 64041 Castelli (TE)
Tel: +39 0861.979142

Il Museo delle Ceramiche di Castelli, in provincia di Teramo, nasce ufficialmente nel 1984 grazie a una legge regionale che ne sancisce l’importanza culturale e storica. L’istituzione ha lo scopo di promuovere l’arte della maiolica, tutelare la memoria delle antiche botteghe artigiane locali e valorizzare la produzione ceramica castellana, nota in tutta Europa sin dal Medioevo. Il museo è ospitato nell’ex convento francescano risalente al XVI secolo, divenuto nel tempo deposito, sede dell’Istituto d’Arte “F.A. Grue” e infine, sede museale permanente.
Il percorso espositivo si sviluppa su due livelli. Al piano terra si trova il suggestivo chiostro rinascimentale, decorato con affreschi del 1712 che narrano episodi della vita della Vergine. L’allestimento museale comprende anche una fedele ricostruzione di un’antica bottega ceramica, dove sono esposti strumenti originali, vasche per la lavorazione dell’argilla e un raro esempio di “forno a respiro”. Al primo piano si ammirano opere che vanno dal Quattrocento all’Ottocento, con testimonianze preziose dell’istoriato castellano e dei maggiori ceramisti locali come i Grue, i Gentili e i Cappelletti. Di particolare rilievo sono i vasi farmaceutici della bottega Pompei, i frammenti della “cona” di San Donato e la celebre “Madonna che allatta” di Orazio Pompei, datata 1551.
Il museo vanta anche un’importante collezione archeologica con reperti provenienti da varie aree del Mediterraneo, che testimoniano l’evoluzione delle tecniche ceramiche nel tempo. Il patrimonio è stato arricchito nel corso degli anni grazie a donazioni, acquisizioni pubbliche e collezioni private. Tra le mostre di maggiore rilevanza spiccano “L’Antica Ceramica da Farmacia di Castelli” e “La straordinaria Fucina dell’Arte”, esposizioni che hanno valorizzato la tradizione ceramica castellana in sedi prestigiose come Roma, Pescara e Teramo. Particolarmente significativa è stata la mostra del 2007 con opere provenienti dall’Ermitage di San Pietroburgo, rientrate in Italia per la prima volta dopo secoli.
Dal 2008, la collezione si è ulteriormente arricchita grazie alla donazione di 200 opere del grande artista futurista Aligi Sassu, per volere del gallerista Alfredo Paglione. La mostra permanente “Il gran fuoco di Aligi Sassu” rappresenta un omaggio all’artista e al borgo di Castelli, che tanto lo aveva ispirato. Il museo continua a essere un punto di riferimento per la promozione della ceramica antica e contemporanea, con esposizioni temporanee e iniziative che coinvolgono artisti italiani e internazionali. Il suo valore culturale va ben oltre i confini regionali, facendo di Castelli un centro d’eccellenza dell’arte ceramica in Abruzzo e in Italia.
I musei d'Abruzzo rappresentano una sintesi affascinante e spettacolare del ricchissimo patrimonio storico e artistico della regione. Attraverso una rete variegata e ben articolata, il territorio offre un panorama culturale di straordinaria ampiezza: dalle grandi collezioni archeologiche all’arte classica, dai musei dedicati alla vita quotidiana di contadini e pastori alle molteplici espressioni dell’arte moderna e contemporanea. All’interno di questo sistema spiccano realtà di rilievo nazionale, come il Museo Nazionale d’Abruzzo all’Aquila, il Museo Archeologico Nazionale di Chieti e il Museo delle Genti d’Abruzzo di Pescara. Particolarmente suggestivi anche i due musei che custodiscono le celebri maioliche di Castelli, uno nel borgo stesso e l’altro a Loreto Aprutino, sede della prestigiosa Collezione Acerbo. Tuttavia, è soprattutto grazie alla presenza diffusa di musei locali, spesso sorprendentemente ricchi e curati, che l’Abruzzo si configura come un autentico “museo diffuso”. Piccoli gioielli come il Museo Capitolare di Atri, il Museo Archeologico Francesco Savini di Teramo, il Museo della Civitella a Chieti, il Museo dello Splendore a Giulianova, quello della Civiltà Contadina a Picciano, il Museo Civico di Sulmona o il Castello-Museo di Crecchio contribuiscono a disegnare una mappa culturale viva, densa di storia e di bellezza, capace di raccontare l’identità profonda della regione.I musei d’Abruzzo offrono uno straordinario viaggio attraverso la storia, l’arte e le tradizioni di una regione ricca di cultura. La loro varietà riflette la complessità e la profondità del territorio: dalle testimonianze dell’antichità ai linguaggi dell’arte contemporanea, passando per le espressioni della vita rurale e pastorale che da sempre caratterizzano l’identità abruzzese. Nelle principali città, ma anche nei piccoli centri, i musei raccontano storie affascinanti, custodendo reperti archeologici, opere d’arte, documenti, oggetti del quotidiano e manufatti artigianali che restituiscono un’immagine viva e autentica della regione. Alcuni musei si distinguono per il loro valore nazionale e internazionale, ma ciò che rende unico il sistema museale abruzzese è la sua capillarità. Anche i musei locali, spesso meno noti, sorprendono per la ricchezza delle collezioni e per la cura degli allestimenti, contribuendo a creare un vero e proprio “museo diffuso” che abbraccia l’intero territorio. Visitare i musei d’Abruzzo significa immergersi in un patrimonio culturale stratificato, dove ogni luogo conserva e racconta un frammento prezioso della memoria collettiva. I Musei d'Abruzzo. Una sintesi efficace e spettacolare del patrimonio storico e artistico dell’Abruzzo è offerta dalla sua ricca e variegata rete di musei. Dalle ampie raccolte dedicate all’archeologia ai musei di arte classica, dai musei che celebrano il folklore e la vita dei contadini e dei pastori ai numerosi spazi espositivi di arte moderna e contemporanea, il sistema museale abruzzese vanta eccellenze assolute, come il grande Museo Nazionale d’Abruzzo a L’Aquila, il Museo Archeologico Nazionale di Chieti, il Museo delle Genti d’Abruzzo di Pescara, e i due splendidi musei dedicati alle prestigiose Maioliche di Castelli, a Castelli e Loreto Aprutino (la famosa Collezione Acerbo). Ma sono soprattutto i numerosi musei locali, spesso di sorprendente bellezza e ricchezza, a qualificare in modo capillare il territorio, trasformandolo in un vero e proprio “museo diffuso”. Il Museo Capitolare di Atri, il Museo Archeologico Francesco Savini di Teramo, il Museo della Civitella di Chieti, il Museo dello Splendore di Giulianova, il Museo della Civiltà Contadina di Picciano, il Museo Civico di Sulmona, il Castello-Museo di Crecchio sono solo alcune delle perle museali che arricchiscono il paesaggio culturale abruzzese.


Un grande museo all’aperto
Noto in tutto il mondo per la sua natura, l’Abruzzo espone, come un grande museo all’aperto senza orari né mura, opere d’arte e monumenti nel suo peculiare e intatto paesaggio. Accanto a luoghi celeberrimi come la rocca di Calascio, lo straordinario centro storico di Pescocostanzo, il Museo Archeologico Nazionale di Chieti, il poderoso castello cinquecentesco dell’Aquila, emozionano il viaggiatore decine e decine di meraviglie meno note, sparse in ogni angolo della regione. I restauri di chiese e castelli, la sistemazione e la valorizzazione dei siti...


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In Abruzzo la natura è una risorsa protetta. Con un terzo del proprio territorio destinato a parchi, la regione non solo esprime un primato culturale e civile nella protezione dell’ambiente, ma si colloca come maggiore area naturalistica d’Europa, vero cuore verde del Mediterraneo.
La funzione che l’Abruzzo dei Parchi svolge a livello nazionale e internazionale nella conservazione dell’ambiente e della biodiversità è difficilmente sottovalutabile, se si pensa che la regione custodisce un grandissimo numero di specie animali e vegetali.


L’Abruzzo montano
Con numerosi centri sciistici con impianti di avanguardia, comprende i maggiori massicci dell’Appennino (il Gran Sasso d’Italia e la Majella), numerosi rilievi che raggiungono anch’essi notevole altitudine e altipiani intervallati dalle conche dell’Aquila e di Sulmona, mentre verso il confine con il Lazio si stende la fertile conca del Fucino, risultante dal prosciugamento del lago omonimo portato a termine dal Duca Alessandro Torlonia nel 1875, opera grandiosa, che peraltro era stata più volte programmata fin dall’epoca dell’impero Romano.


L'Enogastronomia
Una cucina, quella abruzzese, che ha molte anime, per la varietà del territorio e delle culture che in essa convivono. C’è l’evoluzione della cucina agropastorale, quella dei contadini e dei pastori “poveri” delle zone montane e pedemontane, fatta di piatti semplici e saporiti, di carni ovine, zuppe e minestre, formaggi ed erbe aromatiche e quella “colta e borghese” di Teramo, capace di valorizzare sapori primari con preparazioni più complesse: timballo di scrippelle, le “mazzarelle” e le “virtù”.
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